Agim Sulaj, murales di migrazione per il Borgo San Giuliano


RIMINI. Dalle coste albanesi ai libri di testo portoghesi, passando per le vignette satiriche realizzate al tempo del regime comunista: è questo il percorso artistico di Agim Sulaj, pittore albanese classe 1960 residente a Rimini da ormai trent’anni che, grazie alle tematiche sociali affrontate nelle sue opere, è stato materia d’esame in Portogallo, per gli alunni frequentanti l’ultimo anno del ciclo di istruzione secondaria.
Con “La fuga”, opera poi esposta nel Palazzo di São Bento, sede del parlamento portoghese, Sulaj rappresenta una mano imprigionata che sfoga la sua voglia di libertà nella punta della matita, metafora perfetta dell’esperienza di vita dell’artista.
Attento a temi quali la migrazione, l’esclusione sociale, l’identità e le contraddizioni dell’Europa e i valori dell’uguaglianza sociale e di genere, Sulaj ha ottenuto numerosi riconoscimenti, quali il Primo Premio Derwent Art Prize a Londra con l’opera “Refugees” e il Premio di eccellenza dalle Nazioni Unite Ranan Lurie Award nel 2013.
Una delle sue fonti primarie di ispirazione è Vlora, sua città d’infanzia. Che cosa rimane dentro di lei di quel luogo ancora oggi e perché?
«Sono nato a Tirana e cresciuto a Valona, una città meravigliosa nella splendida costiera albanese che mi ha ispirato grazie al suo mare, al suo cielo azzurro e ai suoi ulivi. Ancora oggi mi lascio influenzare dai ricordi della mia infanzia e della mia giovinezza, quando dipingevo all’aria aperta davanti al mare Adriatico e al mar Ionio. Dipingendo bambini in riva al mare o sugli scogli rappresento oggi i ricordi e la nostalgia che ho del mio paese, vissuto in un tempo lontano e incontaminato».
Durante il periodo comunista ha collaborato con la rivista satirica “Hosteni” (“Il pungolo”): che tipo di esperienza è stata?
«Quando frequentavo l’Accademia di Belle Arti a Tirana, un mio professore mi ha presentato alla redazione del giornale dicendo che, a suo parere, ero nato per dedicarmi alle vignette e così ho iniziato con disegni umoristici e illustrazioni satiriche, arrivando poi a ideare e realizzare le copertine della rivista. Hosteni era l’unico giornale in cui era possibile fare umorismo: tutte le critiche al regime comunista erano proibite, la censura era molto forte e la libertà di espressione molto limitata, per cui ho imparato a dirigere le mie critiche non direttamente verso il governo ma verso i burocrati o i funzionari delle fabbriche, capendo solo in un successivo momento che, comunque, stavo criticando proprio il regime, unico che produceva miseria morale e degrado sociale. Il giornale era molto apprezzato dai lettori, per me è stata una grande scuola di formazione e quando sono arrivato in Italia mi ha stupito della grande libertà che avevano i miei colleghi».
Come è stato accolto al tempo del suo arrivo a Rimini negli anni Novanta e come ha vissuto quel primo periodo di integrazione?
«Ho esposto le mie vignette nel 1994 al Meeting grazie all’invito di Flavio Marchetti, fotografo di Misano Adriatico venuto a Valona per ragioni di lavoro: le mie opere sono state accolte con entusiasmo e ho così deciso di rimanere in Italia per approfondire la mia carriera nell’arte, anche perché in Albania la caduta del regime aveva distrutto tutto e portato al caos sociale. Inizialmente le difficoltà sono state tante ma con l’aiuto di amici e conoscenti mi sono inserito bene nella vita quotidiana della città: dedicavo tutta la giornata a dipingere storie vissute sulla mia pelle, affrontando tematiche come l’emigrazione, come piaga sociale per la perdita delle proprie radici e per lo spaesamento umano che essa comporta, la protezione della natura, la libertà di espressione, la difesa dei diritti umani e le discriminazioni sociali. Partecipando poi a concorsi sono riuscito a far apprezzare i miei lavori, che hanno ottenuto importanti riconoscimenti a Cuneo, Tolentino, in Turchia, Francia, Belgio, Germania e in altre parti del mondo».
Quali sono i suoi progetti futuri?
«Nonostante il mondo stia vivendo il dramma della pandemia io continuo con passione a svolgere il mio lavoro: a febbraio avevo inaugurato alla Gambalunga la mostra “Storie di valigie”, poi chiusa per il virus, ma il suo manifesto è ancora visibile, a ricordarci come i problemi legati all’immigrazione siano ancora ben presenti nelle nostre coscienze. Inoltre, sono stato invitato a realizzare dei murales per la “Non Festa del Borgo San Giuliano”, che si terrà il 12 settembre in versione ridotta, dove porterò ancora le tematiche che ho più a cuore, quali i migranti, le loro valigie e il loro valore».
Info: www.agimsulaj.com

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