Aggredito solo perchè giornalista

Era in strada a svolgere il proprio lavoro; era “sul campo”, si direbbe. Per documentare l’incendio al tetto di un’abitazione a San Vittore di Cesena. È stato aggredito prima verbalmente poi anche fisicamente da un residente in zona, spalleggiato da un’altra decina di persone (alcune poi si sono scusate). Fortunatamente il nostro fotoreporter Gianmaria Zanotti non ha riportato conseguenze fisiche. Solo spavento e amarezza. Un episodio che potevamo far passare sotto silenzio (“dopotutto non si è fatto male nessuno”), sicuramente meno grave di altri simili, ma non potevamo stare zitti.

O meglio, non volevamo. Che sia fisico, verbale o virtuale via social; che sia una spinta, un insulto, o una minaccia; l’attacco al giornalista che svolge il proprio lavoro è drammaticamente una prassi quotidiana. Un giorno siamo una casta, un altro siamo servi del potere, un altro ancora siamo al soldo dei grandi interessi economici. Nella migliore delle ipotesi siamo solo inutili sciacalli. Il clima ostile nei confronti dei giornalisti, soprattutto se alimentato da persone che hanno visibilità, come ad esempio esponenti politici, si diffonde facilmente a tutti i livelli dalla società. Corroborato dalla libertà di insulto libero ormai sdoganata dai social. Tanto da arrivare a situazioni estreme: si può essere aggrediti e insultati anche solo mentre si documenta un oggettivo fatto di cronaca come l’incendio di un tetto di un’abitazione. Solo per il fatto di essere giornalisti. La mia solidarietà al collega Zanotti l’ho espressa in forma privata: in questa sede voglio solo segnalare una deriva che reputo piuttosto pericolosa.

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