Affronte: la nostra casa è in fiamme

L'Australia brucia. Le immagini dell’immane catastrofe da giorni ci accompagnano nei telegiornali. Gli incendi hanno causato oltre 20 morti e diverse persone sono scomparse, al momento in cui scriviamo. Centinaia di case sono state distrutte, migliaia gli evacuati.
Per capirci, i devastanti incendi della California del 2018, 2 milioni di acri, e quelli dell’anno scorso nella foresta amazzonica, 2,2 milioni di acri, sono stati molto più piccoli dell’attuale disastro in Australia, dove finora sono stati bruciati oltre 12 milioni di acri. Significa qualcosa come 50.000 chilometri quadrati; per intenderci, l’Emilia-Romagna è poco più di 22.000 chilometri quadrati…

Gli incendi nel 2019 nelle zone remote della Russia settentrionale hanno bruciato 6,7 milioni di acri l’anno scorso, ma la maggior parte delle regioni erano scarsamente popolate e non sono state riportate vittime.
Mentre gli incendi della California sono stati spenti da tempo e gli incendi dell’Amazzonia sono stati almeno ridotti, l’Australia è solo nel bel mezzo della sua stagione degli incendi. Si prevede che il caldo e la siccità in corso faranno aumentare ulteriormente le fiamme. L’Australia affronta sempre, in questo periodo dell’anno, una “stagione degli incendi”. Ma sono anni che gli scienziati prevedono che, in relazione al cambiamento climatico, gli incendi diventeranno più frequenti e più gravi quando si verificheranno. È l’estremizzazione degli eventi, una delle conseguenze più previste e disastrosamente attuali del riscaldamento globale.
“Il cambiamento climatico sta sovraccaricando gli incendi”, dice Lesley Hughes, professore all’Università di Macquarie. Il riscaldamento globale, negli ultimi anni, provoca sempre più un calo delle precipitazioni e quindi lunghe ed estese siccità, ogni anno sempre più intense, soprattutto nel sud-est del Paese. A questo si aggiunge che il 2019 è stato l’anno più caldo mai registrato in Australia, con una temperatura che, secondo il Bureau of Meteorology, è stata di ben 1,5 gradi al di sopra della media.
Il disastro, per animali, piante e ricchezze naturali, è talmente vasto che è persino difficile descriverlo. Si stima che poco meno di 500 milioni di animali siano morti nei roghi, compresi 8000 koala, animali lenti che non riescono a sfuggire le fiamme. I koala colpiscono l’immaginario collettivo per la loro dolcezza che li fa assomigliare a dei peluche, ma la devastazione della natura è stata molto ma molto più ampia e terribile. Nelle Blue Mountains, tra novembre e dicembre, gli incendi hanno incenerito il 50% delle riserve comprese nel patrimonio dell’umanità dell’Unesco. E’ andato perso anche il 48% delle famose Gondwana reserves, foreste pluviali che hanno resistito dall’epoca dei dinosauri ai giorni nostri. Interessate dai roghi anche moltissime specie a rischio di estinzione, sia vegetali che animali, che hanno in queste aree importanti habitat, ora distrutti o fortemente danneggiati.
Il tutto si innesta, come per una triste legge del contrappasso, sulle politiche di un paese nazional-conservatore, governato dal liberaldemocratico Scott Morrison, un noto negazionista climatico amico di Donald Trump, accusato di aver fatto ben poco prima contro la siccità e poi per contrastare gli incendi, per non parlare della riduzione delle emissioni australiane di gas serra. Morrison è uno strenuo difensore delle industrie fossili del suo paese, e fino a pochi giorni fa continuava a ripetere che «Non esiste nessuna prova scientifica credibile» che colleghi i cambiamenti climatici agli incendi. Eletto grazie alle sue feroci campagne anti-immigrazione, Morrison ormai è lo stereotipo purtroppo ormai sempre più diffuso di politici incapaci di vedere al di là del proprio tornaconto elettorale, e della loro ottusa e convinta voglia di rimanere nell’ignoranza, e di tenerci pure i loro elettori. Essi stessi felici di piantare la testa nella sabbia dell’odio del nemico di turno, mentre l’emergenza climatica brucia loro le terga.
Nel villaggio devastato dal fuoco di Cobargo, nel New South Wales, una libreria ha esposto un cartello che dice: “La Narrativa post-apocalittica è stata spostata in Attualità”. Benvenuti nel 2020.

*Naturalista e Divulgatore scientifico - ex europarlamentare

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui