Affronte: la piramide dei rifiuti

Editoriali

In natura i rifiuti non esistono. Non c’è nessun ecosistema che, nel tempo, accumuli degli scarti. Questo perché gli scarti di qualcuno, nei sistemi naturali, sono la risorsa di qualcun altro. Se così non fosse, le risorse naturali di quell’ecosistema, nel tempo, andrebbero ad esaurirsi, trasformate piano piano, appunto in rifiuti. Noi non abbiamo imparato quasi nulla dalla natura, o semplicemente abbiamo pensato di essere fuori dalle sue regole, e accumuliamo montagne (letteralmente) di rifiuti. Il che è un problema doppio perché tutte le risorse (materie prime) che portiamo via dall’ambiente, alla fine, dopo che le abbiamo usate, non “tornano indietro”. Restano accumulate nei giganteschi monumenti allo spreco, che si chiamano discariche. Non a caso, dentro la Direttiva Quadro sui Rifiuti, pubblicata dall’Unione Europea nel 2019 esiste la famosa “piramide rovesciata” dove le discariche, lo vedremo, sono l’ultima opzione.

L'extrema ratio. La piramide in effetti indica, dall’alto verso il basso, cosa è preferibile fare con i nostri rifiuti. Al primo livello, la cosa più importante di tutte: la prevenzione. Quindi eliminare o ridurre il problema alla radice. Non è possibile farlo per tutti i beni che utilizziamo, ma per molti sì. Basta pensare ai chili e chili di packaging che ogni famiglia si porta a casa, dal supermercato. I beni che utilizziamo non dovrebbero generare rifiuti; quando questo non è possibile, gli scarti devono essere riciclabili o riutilizzabili. È un lavoro da fare all’origine, prima che questi siano realizzati, non dopo, per risolvere un problema già causato. In questo senso va la spinta della UE verso la “responsabilità estesa del produttore”. Significa, in pratica, che chi produce un bene si fa carico, già all’origine, dei costi necessari per gestire il rifiuto prodotto dal suo bene, incluse le operazioni di raccolta differenziata, di cernita e di trattamento. Insomma, se i tuoi prodotti generano, a fine vita, un rifiuto, il suo smaltimento lo paghi tu. Questo dovrebbe spingere i produttori a progettare beni che non generino rifiuti, per non doversene sobbarcare i costi.
Il secondo livello della piramide rovesciata è il riuso. Il quale è ben diverso dal riciclo, perché si tratta di prolungare la vita dei beni, così come sono, senza un trattamento. L’esempio classico è una bottiglia di vetro, che senza doverla triturare per farci del vetro nuovo (riciclo) la possiamo invece utilizzare così com’è (riuso), per decine e decine di volte. Qui dobbiamo combattere anche con la cultura dominante, che ci è stata inculcata, consapevoli o meno, negli ultimi decenni, dell’usa e getta. Pensate a quello che succedeva, anche solo 20 o 30 anni fa con grandi e piccoli elettrodomestici, quando si guastavano. Allora li portavamo regolarmente e… logicamente, a riparare. Oggi i negozi che riparano (e non solo gli elettrodomestici) sono delle rarità e se qualcosa si rompe, si pensa spesso come prima opzione di ricomprarlo nuovo. Non è solo colpa nostra (in parte sì, però): a congiurare contro di noi anche la famigerata obsolescenza programmata, cioè prodotti costruiti per durare alcuni anni e poi diventare inutilizzabili. Non è una leggenda metropolitana, tanto è vero che anche il Parlamento Europeo se ne è occupato, nel 2017, chiedendo chiarezza e norme certe.
Solo dopo l’opzione riuso viene il terzo livello della piramide: il riciclo, il quale come è noto, tende a recuperare i materiali di cui sono fatti gli oggetti e i beni, a fine vita, e a lavorarli affinché diventino nuovamente materie prime. Qui abbiamo fatto passi importanti, anche se ancora c’è tanto da fare e spesso il meccanismo si inceppa perché queste materie prime secondarie non hanno molto mercato, o perché non c’è molta domanda o perché, peggio, costano più delle analoghe materie prime naturali. Per spingere e incentivare questo mercato, la politica ha un ruolo fondamentale.
Prima di arrivare al fondo della piramide rovesciata, le discariche appunto, c’è un altro livello, anche questo possibilmente da evitare. Sono gli inceneritori. Dobbiamo liberarcene. Non disincentivano la produzione dei rifiuti, né il loro riutilizzo, né il riciclo delle materie prime. In questo sono come le discariche, rispetto alle quali hanno solo un vantaggio, che almeno producono energia, ma non senza conseguenze - si pensi alle polveri e ad altri inquinanti che possono, eventualmente, finire in atmosfera.
Ma se siamo bravi e lavoriamo tanto ed efficacemente sui primi tre livelli della piramide – prevenzione, riuso, riciclo – cancelleremo col tempo gli ultimi due, inceneritori e discariche. Si può fare, come dimostrano le tante realtà che hanno abbracciato la filosofia “Rifiuti Zero”. Così imiteremo la natura e costruiremo un sistema senza rifiuti. È fattibile.

*Naturalista e Divulgatore scientifico - ex europarlamentare

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