Affronte. Io, le pale eoliche, le voglio vedere

Editoriali

Le fonti di energia rinnovabili, rispetto alle fossili, hanno un problema: occupano spazio. Per catturare le due maggiori fonti di energia rinnovabile che abbiamo, il sole e il vento, dobbiamo “stendere” impianti diffusi; nel caso del solare, significa coprire ampie superfici, siano esse tetti, campi, parcheggi, o isole galleggianti in mare. Per catturare il vento ci servono spazi in cui sistemare le pale eoliche, normalmente molto grandi. È un presupposto della transizione energetica, che ormai a parole tutti vogliono, ma per molti solo a condizione che lo spazio occupato sia quello di qualcun altro.
Le energie fossili sono molto più subdole. L’energia elettrica arriva nelle nostre città e nelle nostre case, ma non vediamo mai come viene prodotta. Non vediamo l’enorme centrale termoelettrica che per produrla brucia continuamente tonnellate e tonnellate di petrolio o di carbone, scaricando in atmosfera i gas che hanno ipotecato il nostro futuro e reso terribile quello dei nostri figli. E non vediamo nemmeno, a meno che non VOGLIAMO vedere, le devastazioni provocate dall’estrazione delle fonti fossili, le gigantesche miniere di carbone, le sabbie bituminose del Canada, la disseminazione di crateri del fracking in USA, le praterie di pozzi di petrolio. Non li vediamo e ci è sempre andato bene così. Anche troppo. Beh, le rinnovabili e la transizione energetica cambieranno i nostri paesaggi. Se siamo molto bravi e molto veloci, forse salveranno anche il nostro futuro. Sono inesauribili (per questo si chiamano rinnovabili), non inquinano l’aria che respiriamo e liberano l’atmosfera dalla cappa che crea il riscaldamento globale. Che non è mica poco. Però le vedremo, ovunque. E sarà bello vederle, e sarà importante vederle, perché i nostri figli sapranno che sono lì per la loro sopravvivenza, e noi anzianotti ci sentiremo meno in colpa perché abbiamo fatto disastri, ma stiamo cercando, in maniera tangibile, di porvi rimedio. Per questo io vorrei che il parco eolico al largo delle coste riminesi si facesse, e lo si facesse proprio lì dove è stato pensato. A 13 chilometri dalla costa, lontano ma nelle giornate limpide ben visibile. Io, passeggiando sulla spiaggia, lo voglio vedere. Segno concreto che la mia città e il mio territorio non si sono voltati dall’altra parte, di fronte alla sfida di garantirci un futuro. Non hanno ripetuto i vecchi mantra: servono sacrifici ma li faccia qualcun altro, dobbiamo farlo ma facciamolo da un’altra parte. Sono anche più che certo, non solo perché ho letto molta letteratura al riguardo, ma anche come mia convinzione personale, che il turismo non subirà alcun danno, anzi. Sinceramente trovo offensivo che, quando si fa notare che nel nord Europa il turismo convive e prospera benissimo con i parchi eolici offshore, compresa Copenaghen con le sue pale in mare a tre chilometri e mezzo dal centro cittadino, la risposta sia “eh ma da noi è diverso, c’è un’altra cultura, c’è un altro turismo”. Insomma, noi e i nostri turisti siamo dei trogloditi, incapaci di cogliere il cambiamento e di attuare la svolta culturale che serve per accompagnarlo e renderlo reale.
Caro Sindaco, che delusione anche le sue parole. Lei è stato spesso capace di vendere suggestioni, lo dico con accezione del tutto positiva, ma stavolta non mostra nessuna visione. E risparmiamoci, per una volta, le finte soluzioni “ci vuole un piano, ci vuole un tavolo” che servono solo a prendere tempo. Tempo che non abbiamo più. Infine, mi si consenta una richiesta più generale, in questo dibattito sempre più acceso e troppo spesso superficiale: basta pressapochismi. Nel mio specifico: chi continua a parlare genericamente di impatti ambientali, per favore, cominci a elencare quali sarebbero, e se possibile supporti le sue affermazioni con delle evidenze. Se non è in grado, lasci perdere. La percezione del paesaggio sarà anche soggettiva, ma la scienza è un’altra cosa.

*Naturalista e Divulgatore scientifico - ex europarlamentare

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