Affronte. Dl clima: benino, ma non troppo

Editoriali

E' stato votato giovedì scorso, in Senato, il Decreto Legge sul clima. È un provvedimento, ora manca il voto della Camera, che in qualche cerca di rispondere alla (finalmente) crescente attenzione dei cittadini sul tema del cambiamento climatico; attenzione cresciuta anche grazie, ma non solo, ai ragazzi degli scioperi per il clima. Il Governo usa lo strumento del Decreto Legge che, per definizione, è un atto legislativo adottato in casi straordinari di necessità e urgenza. La necessità e l’urgenza di combattere i cambiamenti climatici sono sotto agli occhi di tutti quelli che vogliono vedere, ma di certo farlo a colpi di decreti legge sembra abbastanza complicato.

Per carità, ben venga questa misura, la esamineremo tra un attimo, ma quello che pare mancare è una visione strategica di lotta al riscaldamento globale, che permei l’azione di governo, e lo indirizzi.
In effetti il DL Clima, come viene chiamato, non ha per niente, a prima vista, la corposità e la complessità che ti aspetteresti per affrontare un tema così vasto e sfaccettato. Solo 9 articoli, che contengono di fatto non più di 4/5 provvedimenti che, presi singolarmente, sono senz’altro positivi, ma che nel complesso raschiano appena la superficie e difficilmente daranno risposte quantitativamente importanti.
È anche vero che all’articolo 1 del decreto si dice che entro sessanta giorni dalla entrata in vigore dovrà essere approvato il Programma strategico nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della qualità dell’aria; quindi, speriamo, la sostanza dovrebbe essere lì, e vedremo cosa ci riserverà.
Va notato, in positivo, che in questo Decreto Legge, almeno il linguaggio rappresenta una novità, mostrando di avere quanto meno fatto proprio il concetto di “emergenza climatica” e la portata del fenomeno. Si parla infatti di “straordinaria necessità ed urgenza di adottare una politica strategica nazionale che permetta di fronteggiare l’emergenza climatica, tenuto conto di […] come la variabilità climatica sia strettamente legata alle attività umane e come le temperature e le emissioni di CO2 continueranno progressivamente a crescere con impatti negativi su numerose aree del pianeta e sulla salute pubblica”.
Ci sono poi i provvedimenti, due dei quali riguardano la mobilità. Il primo è un bonus di 1500 euro ai possessori di un mezzo Euro 3 o precedente, che decidono di rottamare. Il bonus può essere speso per una nuova vettura, ma anche per abbonamenti al trasporto pubblico o per biciclette a pedalata assistita. L’altro provvedimento riguarda la mobilità scolastica: un impegno di 20 milioni di euro (su due anni) per progetti sperimentali per la realizzazione o l’implementazione del servizio di trasporto scolastico con mezzi ibridi o elettrici.
Ancora, l’articolo 4 prevede uno stanziamento di 30 milioni di euro, per due anni, essenzialmente per piantare alberi e per la creazione di foreste urbane e periurbane, nelle città metropolitane. Infine c’è un articolo che riguarda i piccoli negozi che decidono di dotarsi di spazi dedicati alla vendita di prodotti sfusi o alla spina, siano essi alimentari o detergenti, ai quali può essere riconosciuto un contributo fino a 5000 euro, per coprire tutte o in parte le spese sostenute.
Più o meno è tutto qua e, come detto, niente di sbagliato o nocivo, per carità, ma di certo molto molto poco rispetto alla vastità del problema. E non possiamo dimenticare che un punto fondamentale, presente nelle prime bozze, è stato stralciato, e cioè l’indicazione che puntava a togliere i sussidi statali alle compagnie di estrazione di combustibili fossili. Secondo il Ministero dell’Ambiente, nel 2017, l’Italia ha sostenuto con ben 19,3 miliardi di euro, di finanziamenti o di esenzioni, industrie con un impatto negativo su risorse naturali, biodiversità e clima. Sarebbe stata una misura, questa sì, davvero efficace e che avrebbe dato un fortissimo segnale di svolta. Peccato.

*Naturalista e Divulgatore scientifico - ex europarlamentare

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