Affronte: biocarburanti, questi sconosciuti

Non crediamo sia necessario ribadire come la nostra dipendenza dai combustibili fossili crei l’enorme problema dei cambiamenti climatici, e tutte le conseguenze ad essi legate. È ormai evidente a tutti, tranne a chi non vuole vedere, che o ci spostiamo verso una produzione di energia da fonti rinnovabili, o ne pagheremo sempre più le conseguenze. Nel ventaglio di queste energie, alcune ormai le conosciamo bene, come il fotovoltaico, o come l’eolico, soprattutto offshore, cioè in mare, che tanto sta crescendo in Europa (ma non nel Mediterraneo). Controversi, discussi, misconosciuti sono invece i cosiddetti biocombustibili.

l prefisso bio, della parola biocombustibili, sta ovviamente per “vivo”, nel senso che questi carburanti sono di origine essenzialmente organica. Attraverso dei processi chimici, di fermentazione per esempio, ma non solo, si ottengono sostanze che poi, bruciate, danno energia. La materia organica è di per sé rinnovabile, cioè si ricrea, ecco dunque la prima “spinta” che ha portato a considerarli come un’alternativa ai fossili. Ci si crede a tal punto, che lo studio e la ricerca in questo ambito non si è fermata, e attualmente stiamo parlando di diverse generazioni di biocombustibili, anche se quelli comunemente usati sono di prima e seconda generazione.
La prima generazione è quella che si basa sulla produzione di bioetanolo derivato dalla fermentazione di zuccheri di canna, barbabietola e cereali o di biodiesel dalla coltivazione di piante come colza, girasole e palma da olio. Come si vede, la fonte principali di queste tecniche sono piante che normalmente sono coltivate per il consumo alimentare umano. Proprio per questo hanno creato molte perplessità, per non dire aperta opposizione. È lecito “sottrarre” coltivazioni alla produzione di cibo, di cui abbiamo e avremo sempre più bisogno, per indirizzarle verso la produzione di energia? Infatti, non a caso, l’Unione Europea ha fissato un tetto massimo del sette per cento per i biocombustibili alimentari, (nel 2019 eravamo comunque al 4,6 per cento).
Per questo, dopo poco tempo, si è arrivati a una seconda generazione: quella che prevede l’utilizzo sempre di vegetali, ma legnosi e che non comportano sottrazione di terreno agricolo alla produzione alimentare. Alberi, insomma. Parliamo, ad esempio, di pioppi e salici. La lavorazione è un po’ più complessa ma le prospettive interessanti. Gli orizzonti poi si allargano ancora. C’è chi parla, come abbiamo detto, di terza o quarta generazione, chi considera invece tutte le nuove tecniche sempre nella seconda generazione, per distinguerla dalla prima. Una di queste nuove frontiere, senza dubbio, sono le alghe. Ormai utilizzate in molti modi diversi, alcuni ancora da valutare e sperimentare, hanno un grande potenziale, perché possono essere coltivate in grandi quantità senza ovviamente consumare terreno, o rubarlo ad altre colture. Dalle alghe in avanti, il futuro è aperto a una pletora di altre possibilità. Si parla di funghi o microrganismi, come branca promettente, ma c’è tanto altro: la UE considera come possibili fonti, fra le altre, rifiuti organici delle nostre case, paglia, letame animale e fanghi di depurazione, graspi d’uva, gusci di noce, pannocchie pulite da chicchi di mais, olio da cucina usato, alcune categorie di grassi animali e molto altro ancora. L’utilizzo di questi materiali per ottenere combustibili, al momento in percentuali marginalissime, è previsto dalla UE, nel settore dei trasporti, ad un minimo dello 0,2% del totale nel 2022, all’1% nel 2025, aumentando fino ad almeno il 3,5% entro il 2030. Piccoli numeri, ma una crescita costante, e parliamo solo di questi ultimi ritrovati (la cosiddetta quarta generazione). Margini di miglioramento ce ne sono, visto che attualmente solo in quattro stati europei i biocarburanti superano l’8% dei carburanti totali: sono la Francia con circa il 9%, l’Austria con quasi il 10%, la Finlandia al 18% e la Svezia ben al 38%. L’Italia, per ora, è al 6/7 %.
I biocombustibili sono materia discussa e in alcuni casi, come abbiamo visto, discutibile, ma non possiamo trascurare nessuna alternativa ai combustibili fossili.

*Naturalista e Divulgatore scientifico - ex europarlamentare

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