Adolescenti: per diventare adulti ci vogliono dei genitori adulti

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In strada, al supermercato, ovunque, ci sono sempre più figli che assomigliano ai loro genitori o, per meglio dire, genitori che si vestono, si muovono e si comportano in maniera molto simile ai loro figli adolescenti. Siamo perennemente esposti a immagini mediatiche che presentano modelli di bellezza senza età. Oggi invecchiare non è più un valore, per molti è diventato qualcosa da negare, da nascondere dietro a un ritocco, a un trucco o a un vestito. Una tendenza narcisistica che dilaga sempre più. Capita quindi spesso che i figli arrivino in adolescenza quando i loro genitori cominciano a viverne una seconda, ammesso che siano mai usciti dalla prima. Quali sono però le conseguenze di un tale atteggiamento nei figli che crescono? A rispondere è Annamaria Voci, psicologa e psicoterapeuta, esperta in età dello sviluppo. «Innanzitutto si deve partire dal presupposto che la preadolescenza, che inizia intorno agli 8/9 anni e l’adolescenza, che la segue a partire dai 12/13 anni sono momenti connotati da una serie di cambiamenti a livello corporeo, pulsionale e cognitivo. Si lascia il corpo infantile che è armonico per entrare in uno che almeno all’inizio si percepisce come ‘estraneo’. Questa è l’età dell’indefinitezza, difficile da accettare, caratterizzata da emozioni ambivalenti rispetto a quanto sta accadendo. Le emozioni che si susseguono sono tristezza, rabbia, vergogna, ma anche eccitazione e curiosità per un mondo che cambia dentro e fuori di loro».

Come si differenziano questi cambiamenti tra il maschio e la femmina?

«In entrambi emerge una forte pulsionalità che nei maschi si manifesta attraverso prove fisiche. Spesso si mettono in competizione tra coetanei, a volte sperimentano un comportamento più aggressivo con spintoni e parolacce. Le femmine, invece, curano particolarmente l’abbigliamento, il corpo con il quale vanno a verificare il proprio potere seduttivo. Questi sono fattori fisiologici legati alla differenza di genere. Ciò che accomuna entrambi i sessi è di entrare in conflitto con i propri genitori, tappa necessaria per separarsene simbolicamente e per raggiungere la propria individualità. In questi anni avere dei genitori stabili che reggono a questi cambiamenti è essenziale».

Qual è nello specifico il ruolo dei genitori in questo periodo?

«I figli necessitano di madri e di padri che non assumono gli stessi atteggiamenti, ma soprattutto lo stesso ruolo. Non è tanto legato all’indossare i medesimi jeans o giacca, oppure al praticare lo stesso sport, è l’approccio che conta. Se una ragazzina vede una mamma che ha una cura eccessiva del proprio corpo finalizzata a ‘piacere’, più che a ‘piacersi’ e a sentirsi bene con se stessa, rischierà di demonizzare il corpo e di investirlo di troppi significati. Allo stesso modo un ragazzino che assiste ai tentativi di un padre di primeggiare in qualcosa, rischierà di sentirsi ‘castrato’ e di non potersi esprimere completamente. Genitori e figli non devono entrare in competizione. È come se l’adolescente dicesse: ‘Io mi devo separare da te, ma come faccio se assumi gli stessi atteggiamenti di indefinitezza? Autami a separarmi, ma resta sullo sfondo’».

Che cosa accade se l’adulto non fa l’adulto?

«Il genitore finisce col prendersi il ruolo di migliore amico con il rischio di disorientare il figlio. In questa fase, invece, è molto forte il confronto con il gruppo dei pari ed è l’età della disillusione delle aspettative magiche. Il genitore non viene più visto come infallibile e onnipotente come quando si era piccoli, ma deve comunque rimanere un esempio stabile e fermo. È osservando lui e gli altri adulti importanti (insegnanti, allenatori, zii) che l’adolescente sceglie che tipo di persona vuole diventare. Il genitore è un modello imprescindibile da cui attingere, ma deve mantenere il suo ruolo. Se gli adulti e i figli sono indefiniti nelle loro differenziazioni cade tutto il sistema valoriale».

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