Addio ad Arnaldo Galli singolare scenografo di Federico Fellini

Cultura

RIMINI. A Viareggio pronunciare il nome di Arnaldo Galli è come pronunciare il nome di un re. E ora che se ne è andato, all’età di 93 anni, è un po’ come se si fosse spento il sole, o la luna. Perché è morto l’uomo del Carnevale. Quell’uomo che a un certo punto della propria vita conobbe un altro “uomo del Carnevale”, Federico Fellini, e ne divenne collaboratore e amico. Arnaldo Galli se ne è andato sabato 17 agosto e lunedì pomeriggio è stato salutato per l’ultima volta dalla sua Viareggio. Lui era il decano dei carristi, con il suo record di venti vittorie al Carnevale. Le sue costruzioni sono un mix di artigianalità, arguzia, genio. Come la più celebre, “Guerra e pace”, ribattezzata “la bomba”, un congegno sofisticato che si trasforma in una esplosione di vita. O i 24 palloni di cartapesta realizzati per l’apertura dei Mondiali di calcio del ’90 allo stadio Meazza. A chi gli chiedeva da quanto tempo realizzasse carri mascherati, «praticamente da sempre» rispondeva. E in effetti gli inizi furono precoci. E così la rivelazione del suo talento. Che lo portò all’incontro con Federico Fellini. Un sodalizio che iniziò nel 1952, all’epoca della preparazione de I vitelloni.
«Fellini venne da me – ha ricordato in anni recenti lo stesso Galli in un articolo apparso sulla testata 24 ore Viareggio – e mi disse che voleva una testa di cartapesta raffigurante un personaggio buffo, praticamente stupido. Lo accontentai. Poi è ritornato a chiedere altri elementi per film successivi».
Il testone de “I vitelloni”
La testa, anzi il testone, è quella con cui Alberto Sordi balla, ubriaco, nella scena del Veglione (girata al teatro Goldoni di Firenze) per la quale Galli realizzò anche gli addobbi. A quel faccione realizzato in cartapesta e tenuto insieme da colla di farina Sordi si rivolge lasciando la festa: “Vieni, testone mio…” . Fellini «era un giovanottone trentaduenne quando arrivò a Viareggio agli inizi dell’autunno avanzato del 1952», si legge nella biografia su Arnaldo Galli ad opera di Alessandro Volpe. Fu colpito da alcune “teste di mascheroni” realizzate dal giovane carrista, «erano le facce spaventate e stralunate» di «sciatori che cercavano di non essere investiti da una donnona». A Fellini «l’espressione di quei mascheroni sembrò adattissima» per il film che si apprestava a girare.
I tettoni de” Le Tentazioni”
Fu quindi la volta dell’Anitona, ne Le tentazioni del dottor Antonio (1962), pellicola realizzata da Fellini per il film collettivo “Boccaccio 70”. L’incubo del moralista ossessionato dal sesso Antonio (Peppino De Filippo) si materializza di fronte alla gigantografia di Anita Ekberg, che “esce” dal manifesto pubblicitario invitante a bere più latte. A Fellini serviva far apparire sul grande schermo la gigantessa Anita nei cui tettoni Antonio si troverà imprigionato. Fu realizzata «una mastodontica Anita Ekberg con un seno in lattice di gomma». Per ottenere un effetto di verosimiglianza, Arnaldo mescolò lattice di gomma e sughero sbriciolato. «Bella, bellissima», fu la risposta di Fellini, che aggiunse: «Solo i viareggini riescono ad accontentarnmi».
La testa di polena del “Casanova”
E infine ci fu la polena: il volto incoronato di donna che emerge dalle acque limacciose della Laguna di Venezia, tra fuochi d’artificio e suoni di tromba, durante un altro Carnevale, nell’incipit de Il Casanova (1976): un “segno” felliniano oggi all’ingresso di Cinecittà a Roma. Fellini arrivò a Viareggio in occasione del Carnevale del 1976 insieme allo scenografo del film Danilo Donati. Aveva con sé «un’urna di vetro con la testa di un’antica polena staccata dalla prua di una nave. … Chiese ai carristi di realizzarla in dimensioni enormi, con un diametro di circa sette metri, scomponibile in più pezzi e trasportabile». Il lavoro fu eseguito secondo le indicazioni di Arnaldo Galli, un maestro che «ha portato l’arte del sapere fare il Carnevale in giro per il mondo» come ha ricordato in occasione della sua scomparsa la Cittadella del Carnevale di Viareggio, ricordandone i “50 anni di carriera” e le «opere allegoriche straordinarie».

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