Adalberto Parenti aggredito e trattenuto in Serbia, aiuta i profughi con una ONG

Imola

CASTEL SAN PIETRO. È castellano il volontario attualmente trattenuto in Serbia in attesa di espulsione, e ora la comunità cittadina segue con apprensione lo sviluppo della vicenda.

Cosa è successo

Adalberto Parenti, 37 anni, di Castel San Pietro, figlio del medico castellano Mario Parenti, da ottobre si trova come come volontario della ong No Name Kitchen, nella zona serba di Šid, al confine nord-occidentale con la Croazia. La scorsa settimana sarebbe stato aggredito da un gruppo di operai incaricati dal municipio di bonificare l’area della fabbrica dismessa di Grafosrem, dove i profughi per lo più afgani, assistiti dalla ong trovano rifugio. Parenti è statofermato, identificato e trattenuto negli uffici della polizia locale per un’intera giornata e, al termine di un processo lampo, rilasciato con un foglio di via e una multa di 20.000 dinari serbi, circa 200 euro. di fatto si trova in attesa di espulsione.

Apprensione in città

Il Comune castellano «segue con apprensione la vicenda del volontario castellano Adalberto Parenti, che era in Serbia per aiutare i migranti sulla rotta balcanica» ha voluto sottolienare pubblicamente il sindaco Fausto Tinti. L’amministrazione comunale di Castel San Pietro Terme è in contatto con la famiglia e con le autorità e sta seguendo l’evolversi di quella che definisce una «paradossale vicenda».

L’impegno di Parenti

Adalberto Parenti, nato a Castel San Pietro Terme 37 anni fa, è dal mese di ottobre nella città di Ŝid, per svolgere un’attività di supporto e accoglienza dei migranti in transito sul confine Nord-occidentale con la Croazia per l’organizzazione non governativa No Name Kitchen. Sulla base delle notizie pervenute dalla ong, sabato scorso Parenti è stato aggredito, così come altri due attivisti della stessa ong che operavano con lui, da un gruppo di operai che esponevano simboli della destra ultranazionalista e che erano stati incaricati dal municipio di sgomberare la fabbrica dismessa in cui i profughi assistiti da No Name Kitchen avevano trovato riparo. Dopo essere stato interrogato per una giornata intera dalla polizia locale, il cooperante è stato ritenuto colpevole di aver violato l’ordine pubblico e rilasciato con un foglio di via obbligatorio che prescrive il rientro immediato in Italia entro sette giorni e che gli impone di non tornare in Serbia per i prossimi sei mesi.

Come procede la vicenda

Assistito da un avvocato del Belgrad Centre for Human Rights, Parenti si è messo subito in contatto con l’Ambasciata italiana a Belgrado nella speranza di impugnare il provvedimento e di proseguire la sua attività di volontariato nell’area. Una speranza che al momento sembra vana e che fa presumere un imminente rientro, i sette giorni scadono sabato prossimo 8 febbraio, del ragazzo in Italia. «La mia preoccupazione più grande – sottolinea il sindaco di Castel San Pietro Terme, Fausto Tinti, che sta seguendo passo passo la vicenda – è che siano tutelati incolumità e diritti del nostro concittadino Adalberto Parenti, da tempo volontario in Serbia a fianco dei migranti sulla rotta balcanica con l’organizzazione non governativa No Name Kitchen, e degli altri attivisti coinvolti. Sono in contatto con l’Ambasciata italiana e confido che siano messe in campo tutte le azioni diplomatiche necessarie per garantire il sereno rientro a casa di questo giovane volontario, per il quale il governo di Belgrado ha di fatto già deciso un provvedimento di espulsione».

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