Accoltellamento a Ravenna: "Ero partita per uccidere qualcuno"

RAVENNA. Si è stesa a terra in aula, e a pancia in giù ha mostrato la schiena e il modo in cui - a detta sua - le avrebbero inserito cinque chip sottocutanei. Da quei dispositivi installati dall’ex convivente con cui viveva a Galeata, ha spiegato, sarebbero partite «le voci» che venerdì mattina le hanno ordinato di uccidere.

Un racconto che varca i confini della realtà quello che Elena Cazacu ha fatto ieri in tribunale, durante l’udienza di convalida davanti al giudice per le indagini preliminari Andrea Galanti. La 43enne di origine moldava arrestata venerdì mattina per tentato omicidio dopo aver sferrato tre coltellate alla gola del capitano di vascello Diego Tomat, durante le prove per la festa del 2 giugno in piazza del Popolo, è arrivata a Ravenna dal carcere di Forlì attorno alle 12. Due ore di ritardo rispetto al previsto, a causa di una “deviazione” in ospedale per placare lo stato di agitazione della donna.

Una volta scortata dalla polizia penitenziaria nell’aula, tra il sostituto procuratore Stefano Stargiotti e il difensore, l’avvocato Giacomo Scudellari, ha deciso di rispondere alle domande. «La colpa è mia», ha ammesso. «Non conoscevo assolutamente la vittima, le voci mi hanno detto di ammazzare un maresciallo». E ancora, ha spiegato che tutto faceva parte di un macro-disegno architettato dalla triade Putin-Merkel-Berlusconi, che l’ha spinta a compiere quel gesto clamoroso che, ha detto, l’avrebbe resa libera. Aveva scelto anche il nome di battaglia: “Corleone 777”, perché le piaceva, “Ivan”, come suo padre, “il russo”, in riferimento alla forza del temperamento sovietico.

Ha parlato anche del pugnale, di quella lama da caccia lunga 14 centimetri: «L’ho comprata in Moldavia e l’ho sempre portata con me», ha detto confermando poi, «ho colpito con tre fendenti». Così venerdì scorso, ha aggiunto, è uscita di casa (non è chiaro dove, se non un riferimento a un indirizzo a Ravenna in cui avrebbe vissuto nell’ultimo periodo con una connazionale, quando lavorava come donna delle pulizie) con la consapevolezza di finire in carcere. Per questo si era portata anche una borsa con il cambio. L’ha appoggiata dalla parte opposta della piazza, prima di partire in marcia verso il colonnello Tomat.

Quel che è accaduto poi, l’aggressione e l’arresto - dopo essere stata disarmata dal comandante della polizia municipale, Andrea Giacomini - è tutto nei filmati delle telecamere di sicurezza che davano sulla piazza. Convalidando l’arresto, il gip ha disposto la custodia in carcere. E mentre proseguono le indagini per ricostruire il passato della donna, la strada della perizia psichiatrica si fa sempre più concreta.

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