A Rimini gli stipendi più bassi della Romagna: 11 euro lordi all'ora

Archivio

Rimini fanalino di coda in Regione per stipendi. A confermarlo, ancora una volta, è l’Istat che ha stilato una graduatoria sulla paga media oraria per Regione. Con l’Emilia Romagna che si piazza in cima alla classifica con 12,35 euro lorde l’ora per gli uomini e 11,26 euro per le donne, contro una media nazionale di 11,75 euro l’ora per gli uomini e 10,96 per le donne. E la provincia di Rimini? Ultima come sempre: 11,15 euro l’ora per gli uomini e 10,72 euro per donne. La media in Romagna, invece, è sugli 11,69 euro l’ora per gli uomini e 10,93 per le donne.

Ravenna e Forlì-Cesena

Con i lavoratori della provincia di Ravenna ad avere la media retributiva più alta: 12,10 euro l’ora gli uomini e 11,03 le donne, seguiti dai dipendenti di Forlì-Cesena con 11,83 euro l’ora (uomini) e 11,05 euro (donne).
«Le motivazioni di tali differenze – spiega in una nota la Cisl - sono nei diversi settori produttivi che caratterizzano l’economia di ogni provincia. Infatti mentre nel settore dell’energia la retribuzione media è di 20,30 euro l’ora, nell’industria è di 13,02 euro, mentre in edilizia di 11,30 euro e nelle attività di servizi di alloggio e ristorazione è di 10,20 euro l’ora».

Commenta il segretario generale della Cisl Romagna, Francesco Marinelli: «Intervenire sui salari deve essere una priorità, vista la crescente inflazione. Il bonus dei 200 euro è una misura corretta ma non sufficiente, servono misure più strutturali. Quello che serve è il rinnovo di tutti i contratti collettivi nazionali pubblici e privati, alcuni scaduti da oltre 10 anni, che possano permettere ai lavoratori di ricevere stipendi riallineati all’inflazione, agire sul cuneo contributivo per incrementare il netto delle retribuzioni e contenere gli aumenti delle tariffe. Non solo – aggiunge Marinelli - oltre agli stipendi bisogna aumentare i controlli nei luoghi di lavoro per contrastare il lavoro illegale e la non applicazione dei contratti collettivi nazionali». Infine, la questione Salario minimo. La direttiva dell’Unione Europea va nella direzione giusta, ma si rivolge a Paesi che hanno un tasso di copertura contrattuale inferiore all’80% e in quelle situazioni si chiede ai Governi di legiferare definendo soglie minime di retribuzione. L’Italia, invece, ha una situazione diversa, la copertura contrattuale è oltre il 90%». In Italia, secondo i dati CNEL, sono 12.914.115 i lavoratori coperti da contratti collettivi e 729.544 quelli non coperti. Conclude Marinelli: «Un salario minimo imposto per legge potrebbe far perdere ai lavoratori alcune tutele negoziali che sono state introdotte nei contratti. La retribuzione del lavoratore, infatti, non è fatta solo di compenso orario minimo, ma anche di tredicesima, quattordicesima in alcuni casi, Tfr, maggiorazioni, previdenza complementare o sanità integrativa».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui