A Cesena ripartenza in salita per i bar del centro

Cesena

Il 2020 non è stato semplice per nessuno e il peso delle difficoltà e delle incertezze comincia a intravedersi nei volti dei titolari dei pubblici esercizi. La preoccupazione e la tensione traspaiono, ma ancora più forte è la voglia di lavorare, la determinazione a esserci nonostante tutto.

«Non ci lamentiamo», esordisce Matteo Cieri, titolare con la moglie Sara Alessandri del Bar Amor di piazza della Libertà. «Domenica ho dovuto smettere di prendere ordinazioni per il servizio al tavolo alle 17,15 per poter chiudere alle 18. Il lavoro si concentra tutto tra le 16 e le 18, i ritmi sono molto più serrati». Un dato curioso riguarda la modalità di pagamento: «Da martedì (primo giorno valido per il cashback, ndr) abbiamo avuto un'impennata di pagamenti con la carta». Due sono gli elementi di queste ultime settimane che Cieri racconta essere stati umanamente importanti: «La solidarietà che abbiamo ricevuto quando abbiamo deciso di chiudere il locale durante il “No Paura Day”: un medico nostro cliente ci ha detto che potendo ci avrebbe abbracciati, abbiamo ricevuto delle critiche, ma sono stati molti di più quelli che hanno espresso solidarietà. Queste ci carica di energia. È la stessa sensazione vissuta durante la zona arancione: abbiamo avuto la sensazione che diverse persone più che per il caffè passassero per farci sentire la loro vicinanza e per farci forza». A questo si aggiunge un altro elemento: «Dovevamo ricevere la terza e ultima tranche del contributo per il ripopolamento di piazza della Libertà entro fine anno, ma appena inoltrata la documentazione è arrivato il pagamento. Ho chiamato in Comune per ringraziare perché è un segno di attenzione importante».

Non è stata una ripartenza facile quella dello Chalet in piazza del Popolo. La clientela non manca, ma i limiti imposti dal decreto rendono molto più difficile gestire gli afflussi: «La clientela che si solito sarebbe venuta tra le 18 e le 2 di notte adesso si concentra tra le 16 e le 18, lavoriamo due ore e con una tensione tale che stiamo seriamente pensando si rinunciare ai tavoli fuori». Una scelta dettata anche dalle due esperienze negative con le forze dell'ordine: «Domenica intorno alle 17 è cominciato a piovere - racconta Mattia, titolare del locale - e tutti quelli che erano in giro per il centro hanno cercato riparo sotto i portici creando un assembramento allarmante. È passata una pattuglia della polizia locale, speravo nel loro aiuto per gestire la situazione e invece mi sono trovato a dovermi difendere perché minacciavano di farmi la multa, ho dovuto far presente che nessuna delle persone lì era mio cliente. Ho provato a chiedere aiuto anche martedì, ma ancora una volta ho dovuto fare da solo. Io ho due persone pagate per gestire l'afflusso e distanziare le persone ma non basta. Così è davvero difficile lavorare e se il rischio deve essere chiudere e pagare una multa, meglio lavorare meno».

«Il meteo non ci è stato di grande aiuto, ma il giallo ci piace decisamente più dell'arancione come colore - ride Matteo Gobbi del Babbi Caffè -, stiamo cercando di fare del nostro meglio con il poco che ci è concesso, anche durante le settimane di zona arancione abbiamo deciso di esserci per dare un segnale di presenza, ma è complicato. Cerchiamo di rimanere positivi, perché la situazione è già difficile». Preferisce il giallo anche Lucia del Divino Caffè: «Si lavora decisamente meglio, anche se nel fine settimana chiudere alle 18 vuol dire chiedere ai clienti di andare via, qualcuno capisce, qualcuno prova a far finta di niente e tocca ripeterlo». Nel suo caso le settimane di zona arancione non sono andate malissimo: «Gran parte della mia clientela sono i negozianti e loro non hanno mai chiuso».

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