A Cesena L'Officina dell'arte che mancava

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Le ragioni dell’arte vivono dell’umanità che raccontano; questa umanità non si evoca solo da tele e pennelli, scaturisce da relazioni che si nutrono pure di piaceri conviviali, che in Romagna si traducono con vino e luvarie. Proprio dal connubio di cultura e buon vivere è nato un luogo di incontro in una galleria atipica, L’Officina dell’Arte di Angelo Fusconi, a Case Frini di Cesena. Luogo che già racconta i suoi primi due anni di storia. Nei giorni natalizi è stato presentato il libro Arte in Officina. Eventi, incontri, mostre (Stilgraf) di Orlando Piraccini, 94 pagine in cui si illustrano gli eventi e una ventina di mostre presentate finora.

Il termine officina è centrato perché quel luogo era il capannone dei fabbri Fusconi, padre e zio di Angelo, che insieme a sua madre lavoravano il ferro. Negli anni Cinquanta e Sessanta l’officina divenne un punto di incontro per gli abitanti della zona Madonnina. Per fare due chiacchiere, per scambiarsi opinioni, per portare pezzi e oggetti realizzati che non trovavano posto in casa. In quel capannone con annessa abitazione è cresciuto Angelo (1956), a suo agio tra forme ferrose che si facevano sempre più ricercate, dai cancelli ai letti, a oggetti d’artigianato artistico. Poi l’università a Bologna, la laurea in Farmacia, la professione e prestigiosa carriera alla Novartis Pharma che da Bologna l’ha portato a Lodi dove vive da trent’anni. Parallelamente, anche una passione crescente per l’arte, coltivata visitando mostre ed eventi in giro per il mondo grazie alle opportunità che la professione gli concedeva. Lo sguardo sull’arte ha spinto Fusconi alla passione del collezionismo, attività che oggi da pensionato cura più a fondo: «I miei colleghi, dirigenti d’azienda come me, raggiunta la pensione si sono fatti la Harley, io mi sono fatto la collezione».

Ci racconti, Fusconi, la genesi della sua Officina dell’Arte.

«Ogni settimana torno a Cesena a trovare mia madre 98enne, da qui l’idea: perché non fare del capannone dei genitori una galleria, punto di incontro per artisti e collezionisti? Tanti artisti, specialmente quelli di Adarc (Associazione artisti di Cesena) mi chiedevano uno spazio ove esporre. Così al sabato mattina pittori ma anche collezionisti si incontrano liberamente; fra un pasticcino e un bicchiere di vino raccontano il proprio punto di vista sull’arte, ma spesso presentano opere proprie o acquistate».

Qual è il fine di quest’arte sociale?

«Offrire uno spazio per creare una liaison. L’obiettivo è ridare visibilità e peso all’arte di Cesena affinché si riprenda quella centralità che ha avuto meritatamente nel dopoguerra per tanti anni. La mia galleria procede al contrario; nata su richiesta di artisti locali che chiedevano visibilità, per portare visitatori a conoscere questi pittori di quartiere ho inserito grandi nomi in grado di attirare. Opere di artisti e maestri che hanno dato lustro in passato all’arte cesenate».

Il suo è uno scrigno prezioso di tele; decine, forse centinaia sono gli artisti, tanti nomi della scuola cesenate, quali i più importanti?

«Sono tanti e rischio di dimenticarne. Tanto per citarne alcuni ricorderei Sughi, Cappelli, Caldari, Osvaldo Piraccini, Bocchini, Masacci, Malmerendi, Fortunato Teodorani, Vespignani, Grilli, Severi, Gastone Manzi, Gazza, Fioravanti, Gino Balena, Bugli, Morellini, Buratti, Leonardo Lucchi. Abbiamo anche Maceo e De Pisis. Altri sono artisti viventi, molti iscritti all’Adarc; fra questi Luciano Navacchia, Luciano Cantoni, Bosello, Gallinucci, Loris Pasini, Maraldi, Piero Pineroli, Luigi Mercurali…».

Quali i quadri più importanti?

«Nei mesi scorsi ho fatto un acquisto molto importante di Alberto Sughi. Si tratta di “Crocifisso nella città” del 1959, olio e tempera su tela, cm 120 per 85, tela importantissima con tre riferimenti bibliografici di enorme peso. Ho una recensione di Arturo Carlo Quintavalle nel catalogo della grande mostra di Sughi al Vittoriano del 2007, primo autore vivente ad avere accesso all’Altare della Patria; un’altra riguarda quella di Ferrara quando Sughi espose quell’opera a Palazzo dei Diamanti, nel 1988; e ancora quella del 1995 al Castello Sforzesco di Milano, nei 50 anni della Resistenza. Desideravo un Sughi importante che desse il senso a tutta la galleria, grazie a Luigi Mercuriali, il decano dei nostri collezionisti in galleria, ci sono riuscito».

Altre opere?

«Una rarità è una grande opera a parete realizzata da Alberto Sughi con il cognato romano Marcello Muccini commissionata negli anni Cinquanta dal Comune cesenate. Vi sono raffigurati alcuni monumenti quali la Fontana Masini, Palazzo del Capitano, il Ponte Vecchio, la Rocca, il Bonci e poi un Capanno di Cesenatico e la Barriera con l’allora Sita, è un’opera unica realizzata a quattro mani su tavola».

C’è tanto figurativo sia nelle opere dei maestri sia in quelle dei pittori viventi e pure fra i collezionisti. L’arte si è molto evoluta con svariate espressioni contemporanee, meno presenti però nella sua Officina.

«Ci sono anche qui innesti e contaminazioni contemporanee, ma se non partiamo da una base allargata e condivisa di artisti e tematiche, difficilmente riusciamo a costruire un percorso attuale in grado di interessare tanti. Per creare un possibile network e riportare Cesena a una dimensione artistica importante».

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