La speranza di vita che si riduce è uno degli effetti della pandemia esplosa un anno fa. Emerge dai dati dal centro studi “Nebo” per il “Sole24Ore”, con l’obiettivo di valutare l’impatto demografico del Covid-19 in termini di aspettativa di vita, analizzando i dati Istat relativi al 2020 attualmente disponibili e mettendoli a confronto con quelli consolidati dell’anno precedente.
Eccesso di mortalità
Un “accorciarsi” delle prospettive di vita stimate alla nascita che è il risultato combinato del calo delle nascite e dell’eccesso di mortalità registrato nel 2020. Lo scorso anno, infatti, nel periodo tra marzo e dicembre si sono registrate il 21% di morti in più rispetto alla media 2015-2019. Un’impennata di decessi che aumenta di pari passo col crescere dell’età e vede gli uomini più colpiti delle donne. Nella fascia di popolazione con più di 80 anni i morti sono stati il 40% in più per gli uomini e il 33% in più per le donne. E così a livello nazionale il 2020 ha portato la speranza di vita a 84,3 anni per le femmine, 79,7 anni per gli uomini, rispettivamente -1,1 e -1,4 rispetto al 2019. I livelli sono quelli del 2012, ma guardando alle regioni più colpite il balzo indietro è ancora più ampio e in Lombardia, per le donne, si è tornati ai livelli del 2005.
In regione
In Emilia Romagna la pandemia ha riportato l’aspettativa di vita per le femmine al dato del 2009: nel 2020 si ferma infatti a 84,5 anni, cioè 1,2 in meno rispetto al 2019, mentre per gli uomini è stimata in 80,2 anni, come era nel 2012, con una “perdita” paria a -1,4 anni.
Nella provincia di Forlì-Cesena gli anni “persi” nel 2020 sono stati 0,7 per le donne e 1,4 per gli uomini, con un’aspettativa stimata rispettivamente in 85,1 anni e 80,6 anni.
I dati scorporati per provincia mostrano anche dove si è abbattuta con maggiore violenza la prima ondata della pandemia. A Piacenza gli anni “persi” sono 3,7 per i maschi e 2,9 per le donne; a Parma si registra un -3 per i primi e -2 per le seconde; a Rimini i maschi hanno “perso” 2,2 anni e le donne 1,8.