Un ombrellone in 15 ma anche lamentarsi dei prezzi dopo aver mangiato. L’estate sta finendo e neanche il “bon ton” se la passa tanto bene. Ne parliamo con Martina Manescalchi, consulente e formatrice nel settore hospitality con esperienza di quindici anni, giornalista e autrice di saggi e manuali.
Manescalchi, come definirebbe la stagione 2023?
«Quest’anno la maleducazione è iniziata sui social ed è finita sui social. È stata l’estate degli scontrini sbattuti in prima pagina, dei commenti beceri e decontestualizzati e delle condivisioni selvagge acchiappa-like. Il tutto a scapito di ristoranti e stabilimenti balneari. Questi ultimi in particolare hanno subito un vero e proprio linciaggio mediatico. Non so quante volte mi sia toccato leggere lamentele per lo più infondate quando non preventive sui prezzi degli stabilimenti balneari della riviera. Così, a detta di molti operatori, i clienti arrivano in spiaggia già pieni di pregiudizi, pronti a puntare il dito su qualunque aspetto della proposta. Ma non finisce qui. Tanti sono i comportamenti molesti da parte dei clienti che i bagnini devono fronteggiare».
Le richieste più assurde?
«Un ombrellone in quindici, mezza giornata a un quarto del prezzo, occupare ombrelloni già prenotati, pretendere di stazionare gratuitamente su lettini liberi per il tempo di un aperitivo, richieste di sconti esagerati».
Come è andata la convivenza tra clienti?
«Con uno scarso rispetto verso gli altri ospiti: musica a tutto volume, passeggio troppo vicino agli altri lettini, lanci di sabbia e tono di voce troppo alto. Scarsa, troppo spesso, l’attenzione agli sprechi. Più di un operatore ha lamentato un utilizzo scriteriato dell’acqua e scarsa considerazione per la pulizia della spiaggia e per la raccolta differenziata».
L’altra faccia della medaglia?
«Un servizio da parte degli stabilimenti balneari che non è sempre adeguato. Nonostante l’ampia scelta che la riviera offre, è spesso difficile trovare servizi personalizzati o attenzione al cliente. Nessuno chiede mai quali siano le esigenze reali fra cui: ricerca di relax, problemi legati a disabilità, preferenze. A fronte di alcune eccellenze, molti stabilimenti sono rimasti fermi agli anni Settanta e sono totalmente anonimi e privi di romagnolità: potrebbero trovarsi in qualsiasi altro posto».
Altri tasti dolenti?
«Tanti non sono preparati o non hanno voglia di promuovere il territorio in maniera adeguata: eppure il consiglio del bagnino su attrazioni, locali e ristorante sarebbe prezioso e - trattandosi quasi sempre di persone del territorio - sarebbe prezioso, credibile e potrebbe fare la differenza. In pochi utilizzano piattaforme di prenotazione online. In meno ancora applicano politiche tariffarie legate a strategie di revenue management che potrebbero favorire prenotazioni infrasettimanali ed early booking».
Ulteriore scoglio?
«Un altro problema è quello legato alla stagionalità: perché gli stabilimenti balneari dotati di bar e ristoranti si ostinano a chiudere il 10 settembre? L’anno scorso mi sono trovata a fine ottobre con la spiaggia piena di gente e nemmeno - non dico un lettino disponibile dove rilassarsi e magari fare un aperitivo - un bar dove prendere un caffè. Oltre a danneggiare l’immagine della destinazione, si perdono anche tante opportunità di vendita».
Capitolo ristorazione.
«Al ristorante un buon servizio può salvare un errore in cucina, ma non il contrario. Tante le cattive abitudini frequenti in Romagna, da parte dei clienti: arrivare in ritardo rispetto all’orario di prenotazione senza avvertire; no show; lamentarsi del prezzo (esposto) dopo aver consumato; prenotare per 2 e arrivare in 16 “perché tanto sono bambini”. Ma anche pretendere un servizio particolare per i bambini senza averlo comunicato preventivamente e chiedere variazioni sulla preparazione dei piatti. E ancora: non comunicare intolleranze e filosofie alimentari in fase di prenotazione; passare i piatti al cameriere perché a meno che non lo chieda, lo si mette in difficoltà e se ne sottolinea l’inefficienza. Infine arroganza e bambini posseduti da Belzebù lasciati liberi di scorrazzare».
Scivoloni del personale?
«Accogliere i clienti con raffiche di domande tipo Santa Inquisizione o abbandonarli nel limbo a fare anticamera. Altri errori? Non guardare la clientela negli occhi e non saperne anticipare le richieste. Vietato dire “no” o “non so”, bisogna sempre contare su un’alternativa. Infine mai lasciare un commensale a guardare gli altri che mangiano, tipo supplizio di Tantalo».