Da Valentino Rossi a Nike la sfida del metaverso

Ci incontriamo nel metaverso? Fatta oggi, questa domanda assume i contorni della follia vera e propria, ma domani sarà ancora così? Se c’è una cosa che ci dovrebbe aver insegnato l’innovazione digitale in questi anni, è che sottovalutarla non è mai il migliore degli approcci. Prendete internet, che tra gli anni Novanta e gli inizi del 2000 veniva praticamente deriso, oggi lo portiamo in tasca tutti i giorni e guai a chi ce lo tocca. Sarà lo stesso per il metaverso? Chissà, intanto una cosa è certa: l’attenzione sul tema è alle stelle, al punto che la multinazionale della consulenza strategica Accenture ha dedicato il suo ultimo “Technology Vision 2022” proprio alla realtà virtuale, dove si legge un dato interessante: «il 98% dei dirigenti ritiene che, per definire la strategia a lungo termine della propria organizzazione, sia ormai preferibile basarsi sui progressi tecnologici piuttosto che sui trend economici, politici e sociali». Ma c’è di più, secondo uno studio di Gartner, nel 2026 il 25% della popolazione globale passerà almeno un’ora al giorno nel metaverso e nel 2030 potrebbe raggiungere un valore di 13 triliardi di dollari; ecco allora perché colossi come Meta di Mark Zuckerberg e Luxottica di Leonardo Del Vecchio si stanno già muovendo con rapidità. La loro collaborazione ha ormai vecchia data, perché risale a settembre 2020 l’accordo pluriennale stretto tra le due multinazionali per la produzione di smart glass. Tuttavia, è solo dall’inizio di maggio di quest’anno, quando Zuckerberg è volato nuovamente a Milano, che si è cominciato a capire qualcosa di più e soprattutto di come il progetto abbia alla base un protagonista ben definito: il metaverso. Ebbene sì, la più grande holding produttrice e venditrice di occhiali al mondo sta investendo non poche risorse sulla realtà virtuale. E non solo per aiutare a mettere in piedi un universo sempre più immersivo, ma anche per creare strumenti come gli Nft (Non-fungible token), utilizzati per certificare l’acquisto di una proprietà digitale.
La sfida, insomma, è lanciata, ma ora che questa tecnologia sta andando definitivamente oltre al solo gaming – dove era partita anni fa – quali economie si stanno delineando? Le prime strade intraprese, che tra l’altro hanno fatto piuttosto rumore, sono due: quella del business, probabilmente anche speculativo, e quella più promettente e interessante del segmento esperienziale.
Le “follie” del metaverso
Un primo esempio interessante che unisce entrambi gli aspetti detti prima arriva da Decentraland, piattaforma online 3D dove gli utenti possono acquistare pezzi di terreno o interi edifici digitali. È proprio qui che quest’anno si è tenuta la prima Metaverse Fashion Week, con marchi del calibro di Etro, Dolce e Gabbana, Hogan e Tommy Hilfiger. L’esperienza si unisce così al business, perché il terreno su cui è stato organizzato l’evento è stato pagato 2,5 milioni di dollari.Rimanendo sui grandi marchi, Nike alla fine dell’anno scorso ha annunciato l’acquisto della società RTFKT Studios, realtà specializzata nella creazione di NFT e che si è distinta proprio nelle sneakers. L’obiettivo di Nike è abbastanza chiaro: “produrre” scarpe virtuali che potranno essere acquistate e indossate dai nostri avatar con i quali popoleremo il metaverso. Benetton ha invece aperto uno store virtuale nel quale è possibile giocare e fare shopping, mentre a Milano ha inaugurato il primo negozio fisico dove si possono comprare oggetti del mondo virtuale: si chiama EnneFT.