Cesena, profughi dall'Ucraina: si pensa a 60 posti nei Centri

La lunga esperienza di accoglienza fatta fin qui, per quanto rodata e ben funzionante, da sola non basterà ad accogliere il flusso dei profughi in fuga dall’Ucraina. Ne è consapevole Israel De Vito, presidente della Misericordia della Valle del Savio, una delle due realtà, insieme ad Asp, ancora impegnate nella gestione di Cas, i centri di accoglienza straordinaria, grazie a una deroga tecnica concessa dalla Prefettura di vecchie convenzioni. «Finora gli arrivi di profughi dall’Ucraina sono stati assorbiti dalla rete dei privati, persone che hanno accolto amici o parenti, ma anche tanti privati che hanno messo a disposizione case e più spesso dato la disponibilità ad accogliere in famiglia. C’è un tema che riguarda i servizi scolastici e sociali che i Comuni hanno già cominciato ad affrontare, e tra un po’ si aggiungerà il problema della gestione dell’arrivo di persone senza appoggi in questa rete privata, che quindi dovranno essere indirizzate ai Cas».
Al vaglio 60 posti in più ma nodo compensi
Quella dei Cas è però un tipo di accoglienza che, anche per via delle poche esperienze rimaste attive rispetto agli anni tra il 2016 e il 2018, è già satura degli arrivi dalla tratta mediterranea, che non si è mai interrotta e che anzi riprenderà vigore andando incontro alla bella stagione. «Insieme all’Unione Valle Savio ci siamo già attivati, come Misericordia e come Asp, per ampliare la nostra disponibilità di posti. È una richiesta che ci è arrivata dalla Prefettura a cui abbiamo presentato un piano, attualmente in corso di valutazione per circa 60 posti ulteriori complessivamente. Circa metà di questi li proponiamo come Misericordia, ampliando la nostra disponibilità a Sarsina e con qualche appartamento sempre in vallata. So che tra le proposte c’è anche la casa di Oriola: è un bel segno che i ragazzi di Arci si stiano rimettendo in gioco». Ma i centri di accoglienza - sottolinea De Vito - «non soddisferanno tutte le esigenze». Perciò la Misericordia sta «cercando appartamenti da tenere a disposizioni per situazioni di emergenza, perché capiteranno anche quelle».
«Il problema cardine rimane però la questione del pro capite, pro die», cioè del contributo giornaliero riconosciuto ai gestori delle strutture d’accoglienza per ogni persona ospitata. Oggi è fortemente limitato dai decreti sicurezza, che hanno ridotto i capitolati dei bandi per i Cas quasi solo a vitto e alloggio: «Qualche giorno fa, in un incontro del Forum del Terzo Settore dell’Emilia-Romagna, a cui partecipavano anche Regione e prefetto di Bologna, è stato nuovamente ribadito. Da 5 anni quei contributi sono rimasti invariati e intanto i costi sono enormemente lievitati. Noi abbiamo una forte componente di volontariato e ce la caviamo in qualche modo, ma questo non è un lavoro che può basarsi solo sul volontariato. Le cooperative, ad esempio, devono poter pagare chi lavora». A questo si aggiunga che i flussi che si prospettano mettono in crisi anche realtà rodate come Misericordia: «Noi abbiamo un sistema che funziona, ma questi 30 posti in più costringeranno anche noi a riorganizzarci».