Imola, "Il vaccino ha evitato 235 morti e 2030 ricoveri"

Il contagio sul territorio di Imola non accenna a diminuire: ieri si sono aggiunti altri 603 casi positivi e il decesso di un 70enne (più quello di una 78enne isolata a Imola ma residente a Bologna). Quello che un tempo era il parametro che faceva scattare la zona rossa oggi è quasi dieci volte tanto: 2.500 casi per 100.000 abitanti e test positivi al 30% che indicano una persistente forza dell’infezione. La riapertura delle scuole e l’assenza di altre azioni di mitigazione, secondo la direzione dell’Ausl di Imola, determineranno ulteriori incrementi. Insomma il picco deve ancora arrivare. Eppure in termini di ricoveri e decessi, c’è un abisso rispetto a un anno fa. Per il direttore generale dell’Ausl Andrea Rossi, che ieri è tornato a riferire in commissione consigliare sanità, dove tutti i consiglieri hanno espresso un forte allarme e molte domande. «La situazione è delicata, ma non c'è un problema di sostenibilità del carico sanitario a fronte di un contagio cresciuto in maniera esponenziale. Anche grazie alla copertura immunitaria data dal vaccino il riflesso sulla componente ospedaliera è molto più modesto», ha detto.
Casi attivi, ricoveri
Oggi c’è una fetta di popolazione contagiata che non sa di esserlo perché non ha sintomi, poi c’è un numero crescente di contagiati isolati a domicilio, senza sintomi o con pochi sintomi e sono oltre il 98% del totale, quindi i malati ricoverati in ospedale, circa l’1,3% del totale. «Oggi sono circa 4600 i casi attivi 3691 sono al loro domicilio, 354 si sono isolati altrove abbiamo riattivato anche l’hotel Covid, 13 sono a Castel San Pietro in ospedale di comunità, e solo 54 ospedalizzati (36 in reparti Covid di cui 9 erano entrati per altre patologie), 8 in terapia intensiva, pari 1,3%, una percentuale che non è mai stata così bassa – ha detto ieri Rossi illustrando il report settimanale –. Su questo incidono tre fattori: il vaccino è il più importante, l’ospedalizzazione solo quando c'è un’oggettiva esigenza, e il fatto che la variante Omicron è molto meno aggressiva di quelle precedenti, tanto che il 60% dei positivi sono asintomatici».Fra chi è ricoverato 25 sono vaccinati e 29 non vaccinati. «Non si faccia però il confronto sbagliato – ammonisce ancora una volta Rossi –. I vaccinati sono molti di più dei non vaccinati e questo genera l’effetto paradosso per cui il numero assoluto di infezioni, ospedalizzazioni e decessi può essere simile nei due gruppi, ma il dato va analizzato in proporzione: 25 casi su 100.561 per i soggetti vaccinati e 29 casi su 27.739 fra i soggetti non vaccinati o vaccinati non completamente. Il rischio di ricovero è dunque quattro volte più grande nei soggetti non vaccinati».