Faenza, alleanza tra Comune, Caritas parrocchie e Asl contro la solitudine

Faenza

Nella nostra società la solitudine non è più una situazione transitoria di vita ma un problema sociale e dannoso per la salute che sta diventando endemico. Questa condizione comporta effetti negativi con ricadute sociali importanti. In Emilia Romagna, così come in altre regioni d’Italia, sono stati avviati processi per conoscere a fondo le situazioni di disagio legate proprio al problema della solitudine della popolazione anziana che, per vari motivi, non si rivolgono ai servizi e per cui non sono conosciuti dagli enti: Servizi alla comunità e Ausl. Difatti, chi, nella popolazione anziana, soffre di determinate patologie risulta inserito negli elenchi dei diversi enti sociali, altri non sono per nulla noti, andando a finire di fatto in una zona d’ombra nella quale le istituzioni non riescono a intervenire a discapito della qualità di vita di queste persone.

È per questo motivo che è stato messo a punto un progetto pilota tra diverse realtà; Caritas Diocesana, Parrocchie, Pastorale della Salute, Comune di Faenza e Azienda sanitaria locale per realizzare un report nell’ambito dello stradario di tre parrocchie ‘campione’ così da conoscere nel dettaglio le condizioni di solitudine, e di eventuale disagio, della popolazione per poi mettere in campo strumenti e azioni per poterla contrastare. I territori che verranno messi sotto la lente d’ingrandimento sono quelli di riferimento delle parrocchie di San Francesco, San Marco e Granarolo Faentino.

Entrando nello specifico, il progetto vedrà coinvolti alcuni volontari della Caritas diocesana che nelle scorse settimane sono stati debitamente formati allo scopo. La fascia di età che verrà presa in considerazione sarà quella che va da 70 anni in avanti. Secondo una stima realizzata grazie al lavoro del Servizio anagrafe del Comune di Faenza, quella fascia di popolazione, nei territori presi in considerazione, conta circa 1.700 persone. Di queste, quelli che risultano vivere da sole sono 561. Andando ancor più nel dettaglio, nella fascia di età superiore ai 90 anni, quella più a rischio, 107 sono le persone che risultano essere residenti da sole. In questi giorni dal gruppo di lavoro che sarà impegnato sul progetto ha iniziato a inviare una comunicazione scritta ai domicili degli oltre 1.700 anziani, preannunciando la telefonata di un operatore, la seconda fase del progetto. Step decisivo, sulla base di un consenso telefonico, sarà poi un incontro con i volontari della Caritas per capire come la persona vive la propria giornata. Sulla scorta di queste informazioni i diversi enti che collaborano a questa iniziativa elaboreranno i dati e proporranno proposte per combattere eventuali situazioni di disagio e solitudine.

La solitudine della persona anziana - spiega Donatina Cilla, responsabile del Distretto Sanitario di Faenza- va oltre la definizione anagrafica di persona ultrasettantenne o di residente solo, oppure il dato sociosanitario di utente fruitore di servizi. Il disagio percepito dalla persona ai margini della vita sociale lo si può cogliere soltanto mediante una lente che abbia la capacità di cogliere tutte le dimensioni della solitudine e il senso di abbandono che i due anni di pandemia, con le conseguenze sanitarie e sociali, tra l'altro, hanno notevolmente accentuato. Abbiamo dati relativi a persone non autosufficienti a causa di multi-patologie, persone su cui i servizi sanitari domiciliari per lo più, intervengono per monitoraggio delle situazioni cliniche, per valutazioni in caso di scompenso, supporto medico e assistenziale nella gestione delle complicanze. Sono tuttavia interventi prestazionali che non risolvono la condizione di disagio, sofferenza ed emarginazione che risulta ancora più incistato nelle maglie di quella fascia di popolazione che non accede ai servizi. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un peggioramento delle condizioni fisiche e cognitive proprio per la carenza di relazioni sociali e socio-relazionali, sono drasticamente calate le occasioni per chiedere aiuto, abbiamo semplificato le opportunità per socializzare il disagio, abbiamo peggiorato le nostre capacità di ‘prenderci cura’ dell'altro, come operatori e come cittadini e da questa situazione l'anziano difficilmente se ne esce da solo”.

Questo progetto, covato già da diversi anni - spiega invece don Marco Ferrini, direttore diocesano della Caritas-, concretizza il desiderio dei volontari delle Caritas parrocchiali di dar vita a ‘reti di prossimità’ e di contrasto alla solitudine verso tante persone che vivono la fatica di questa condizione, soprattutto gli anziani, che nel loro quotidiano non possono contare sul calore di una vicinanza, né un aiuto concreto in caso di bisogno. Lo spirito della Caritas e della comunità parrocchiale è proprio quello di tener viva la fiamma della vicinanza e della solidarietà di cui la comunità stessa vive”.

"Quando affrontiamo i temi delle disuguaglianze -spiega l’assessore a Welfare e ai Servizi alla comunità, Davide Agresti- ci concentriamo principalmente su quelle economiche. Negli ultimi due anni però, abbiamo, nostro malgrado, imparato a conoscerne altre, da quelle digitali a quelle sociali. Fra queste spicca marcata la differenza fra chi, in questi tempi fragili, ha il supporto di una rete familiare o amicale, e chi no. Da questa esigenza è nato il progetto ‘Perché nessuno resti solo’, che parte in maniera sperimentale in alcune zone della città, per approfondire la conoscenza della popolazione anziana della nostra comunità, in particolare quella sola, e con l'obbiettivo di creare poi una rete di relazioni, dai vicini di casa, all'edicolante, al fornaio, che tramite l'accompagnamento di volontari formati rendano concreto il concetto di welfare di comunità. Una sfida impegnativa, ma che, proprio per questo, ci deve vedere protagonisti".

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