Cesena, l’orgoglio di Nicola Campedelli: “Vincere qui mi mancava, sono felice di esserci riuscito”

Una meritata e (soprattutto) tanto attesa rivincita. È quella che sabato scorso si è preso Nicola Campedelli, allenatore di una Primavera che quest’anno ha scelto di imitare i “grandi”: stravincere il campionato e festeggiare la promozione in casa. Il salto in Primavera 1 è una succosa rivincita per uno dei tanti figli del settore giovanile del Cavalluccio, che in precedenza non era mai stato molto fortunato con il Cesena: nei due anni da calciatore, Campedelli era sempre retrocesso in C (prima nel 2000 e poi nel 2008), mentre da allenatore della prima squadra la sua esperienza era durata appena tre partite, quando il fratello Igor prima lo scelse a sorpresa e poi lo esonerò alla terza giornata nel 2012.

Campedelli, possiamo finalmente parlare di rivincita?

«Non è una rivincita, direi più una enorme soddisfazione, che aspettavo da tanto tempo. Da allenatore della prima squadra avrei potuto fare meglio, ma ero giovane e ancora inesperto, mentre da calciatore sono stato molto sfortunato: il primo anno a livello personale fu positivo, segnai 4 gol, mi chiamò l’Under 21, ma purtroppo arrivò una retrocessione rocambolesca dopo lo spareggio con la Pistoiese. Poi c’è stata la stagione più dolorosa e beffarda: tornare nel pieno della mia carriera, non accettare la A e scegliere Cesena per giocare nella mia squadra del cuore a 28 anni in B. Dopo 10 giorni in ritiro mi feci male e a fine stagione arrivò anche la retrocessione. Cesena mi ha dato tanto, ma ci sono sempre stati incastri sfavorevoli. Ora mi godo finalmente una grande soddisfazione. Mi mancava la vittoria e sono contento di esserci riuscito».

Cosa le ha lasciato questa stagione?

«Una gioia immensa. Ho avuto la fortuna di allenare un gruppo forte e unito. Avevo già guidato i 2006 e i 2005, li conoscevo e sapevo che avevano qualità. Ora sono maturati e cresciuti e sono contento che si sia visto anche un bel gioco. In tutte le gare abbiamo avuto predominio e tante occasioni, più degli altri. L’aspetto più importante resta la crescita dei singoli, che è sotto gli occhi di tutti».

Ha sempre pensato di farcela?

“Abbiamo vinto le prime due e poi pareggiato, quindi non siamo sempre stati al comando. Ma ho sempre pensato di farcela, soprattutto quando siamo andati in testa alla sesta e poi nessuno ci ha mai superato. Ero consapevole di allenare una squadra forte e di poter vincere, ma poi lo devi dimostrare sul campo. Siamo stati i più forti, ma anche i più continui. E questo ha allargato la forbice. La nostra è stata una marcia molto simile a quella della prima squadra per tanti motivi».

Dove pensa di essere cresciuto come allenatore?

«Il bello di questo mestiere è che puoi crescere e migliorare ogni giorno. Se penso a quando ho cominciato a Cesenatico e dove sono oggi, penso che sia cambiato tutto. Eppure, il lavoro è lo stesso. Un allenatore bravo deve aggiornarsi, cambiare, deve sapersi adattare e conoscere bene il materiale umano a disposizione. È un mondo vasto e bello, difficile e stimolante. Per me è sempre stato determinante il contributo dello staff e quest’anno sono stato molto fortunato».

Lei ha una particolarità. Da quando è entrato nel Cesena ha lavorato con tutte le proprietà: da Edmeo e Giorgio Lugaresi a suo fratello Igor fino ai 28 soci che hanno fatto ripartire il calcio dopo il fallimento e naturalmente alla presidenza americana. In cosa è cambiata la società rispetto al passato e cosa è cambiato per lei?

«A livello personale non è mai cambiato nulla, perché tutti mi hanno trasmesso rispetto e stima. Ho sempre percepito di essere una persona gradita a tutti, a cominciare da Edmeo, che mi vedeva come un figlio. Con i responsabili, i presidenti e gli allenatori con cui ho lavorato mi sono sempre sentito importante e ho sempre potuto lavorare al top».

Ma oggi, con la famiglia Aiello al comando, lei nota un cambiamento rispetto al passato?

«E’ la prima volta che non lavoro con persone romagnole e del nostro territorio, ma chi c’è oggi ha assorbito la magia che trasmette Cesena. Chi viene da fuori e si cala in questa realtà, poi viene subito contagiato e questo vale per la famiglia Aiello, ma anche per Artico e Colacone. Ai miei occhi è come se la proprietà fosse romagnola. Di sicuro, chi è arrivato quest’anno ha alzato il livello e fatto un grande lavoro. Sono stati bravi a capire che la passione e l’energia che trasmettono la città e il tifo vanno coltivate e vanno cavalcate, perchè è la nostra risorsa più grande».

L’anno prossimo, in caso di (scontata) conferma, per lei sarà più difficile allenare la Primavera sapendo che la prima squadra non è più in C ma in B?

«Deve essere uno stimolo per alzare l’asticella e fare un ulteriore salto in avanti, per avvicinarsi ancora di più alle grandi. Noi una volta eravamo competitivi con Inter, Juve, Milan e Roma e dobbiamo tornare a misurarci con queste squadre, anche se il calcio è cambiato e sono cambiati soprattutto gli investimenti delle big. Sarà una missione più difficile, la nostra nuova sfida».

I nuovi giovani da lanciare in prima squadra possono essere Coveri e Amadori o ci sono anche altri profili?

«Difficile fare nomi. Dico che abbiamo giovani di valore e molto capaci. Chi gioca davanti risalta di più ed effettivamente Coveri e Amadori sono stati meravigliosi. Ma noi abbiamo giocatori forti ovunque. Prendiamo i giovani che hanno giocato con Toscano: ci sono un difensore, un centrocampista, un esterno, un tuttocampista e una punta. Ecco, anche in Primavera abbiamo giovani pronti in tutti i ruoli».

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