Cesena, c’è Milanetto in regia nell’altra squadra di Artico: “In una stagione guardo 200 partite dal vivo”

Una squadra, allenata da Domenico Toscano, ha stravinto sul campo il proprio campionato. L’altra squadra, costruita e guidata da Fabio Artico, non andrà in vacanza, perché chi si occupa di settore giovanile o di scouting non può praticamente mai fermarsi, figuriamoci alla fine di una stagione. In cima a questa squadra ci sono due profili voluti fortemente dal direttore dell’area sportiva del Cesena: il responsabile del settore giovanile Roberto Colacone, fresco di promozione in Primavera 1 e in attesa di capire come andranno a finire anche gli altri campionati prima di programmare la prossima stagione, e il responsabile dell’area scouting Omar Milanetto, il “giramondo” del Cesena. Classe 1975, ex centrocampista dai piedi educati, dopo essersi preso un anno sabbatico al termine delle esperienze con Genoa, Torino e Verona, la scorsa estate ha accettato la proposta di Artico e oggi racconta la sua stagione e il suo lavoro da osservatore a caccia di talenti.

Milanetto, come è arrivata la proposta del Cesena un anno fa e che esperienza ha vissuto?

«Negli ultimi anni ho incontrato spesso Fabio Artico sui campi di calcio. Ci conosciamo bene, anche perché da piccoli eravamo vicini di casa e giocavamo nello stesso campo di calcio a Venaria Reale, dove siamo nati. Un giorno mi preannuncia che sarebbe venuto a Cesena e mi fa: hai voglia di darmi una mano? Ho accettato subito. Gli ho solo chiesto un po’ di tempo, perché non conoscevo bene la categoria e non volevo fare brutte figure. Ho studiato e poi ho firmato».

Vi conoscete da più di 40 anni ma non siete mai stati compagni di squadra.

«Mai. Questa è la prima volta che lavoriamo insieme e direi che, come partenza, non è andata malissimo...».

Qual è la settimana lavorativa tipo di un responsabile dell’area scouting?

«Metà della giornata la trascorro al telefono con Fabio, discutiamo e ci relazioniamo. Lui ha la base a Cesena, io vado in giro a vedere partite. Oppure le guardo in televisione o al computer. Diciamo che trascorro mediamente 4-5 giorni alla settimana in giro. Quando lavoravo in Serie A in giravo il mondo, oggi giro prevalentemente l’Italia».

Nel 2024, con tutti gli strumenti tecnologici a disposizione, è più redditizio il lavoro sul campo o si preferiscono i tablet e i computer?

«Sono due mondi diversi. La tecnologia aiuta ad avere uno sguardo più ampio e ad avere i numeri e le statistiche, oltre che a scremare e a toglierti il lavoro sporco. Sul campo, la penso come Fabio: la sensazione che ti dà un giocatore dal vivo, il computer non te la darà mai».

In che senso?

«Solo dal campo, in presenza, riesci a percepire tutti i dettagli. Basta un atteggiamento durante la partita o addirittura durante il riscaldamento per inquadrare un giocatore».

Un osservatore come lei cosa guarda?

«Intanto mi attengo alle indicazioni di società, direttore sportivo o allenatore. Le missioni sono due: cercare il talento, ma in funzione a dove stai lavorando e cercare un profilo che sia meglio di chi c’è già».

In una stagione quante partite guarda?

«Dal vivo più o meno 200, dal video tra le 400 e le 500».

Da chi è composta l’area scouting del Cesena?

«Abbiamo un ragazzo americano che cura la parte riguardante algoritmi e statistiche, e che ci aiuta a scremare. Poi al momento siamo Fabio ed io».

Come mai, dopo aver smesso di giocare, ha scelto questo ruolo?

«Con il Genoa ero andato subito in Argentina a visionare un paio di ragazzi e sono rimasto colpito da questo lavoro. Mi piace girare, adattarmi, conoscere posti nuovi. Non si impara a conoscere solo i calciatori, ma anche il mondo».

Quest’anno quali partite ha visto maggiormente?

«Campionato Primavera, tutta la C, tutta la B e quasi tutta la D. Al video non le prime nazioni, come possono essere Germania, Francia o Inghilterra, ma quelle secondarie dove è più difficile pescare talenti, ma dove è più facile arrivare prima di altri”.

Cosa significa lavorare per un club di C, oggi promosso in B, che possiede già un settore giovanile di primissima fascia?

«C’è chi deve costruire su una linea già tracciata, come Roberto Colacone, che non è partito da zero, perché il settore giovanile funzionava già molto bene anche prima, e chi deve ripartire, come abbiamo fatto noi con lo scouting. Per prima cosa abbiamo cercato di creare un database che rimarrà alla società anche quando non ci saremo più, poi abbiamo cominciato ad andare sui campi».

Per un calcio sostenibile, oggi l’area scouting è determinante. La Reggiana neopromossa in B ha pescato in D e trovato Girma, la vera sorpresa del campionato. Cosa serve per trovare questi profili?

«Noi abbiamo la fortuna di avere già 4-5 Girma in squadra, perché i nostri giovani lanciati quest’anno sono formidabili e il loro valore di mercato è decuplicato in un anno. Il Cesena deve quindi puntare sul settore giovanile, poi ci siamo noi. Trovare un colpo in D fa la differenza, anche se statisticamente è difficile e non ne riescono tanti. Più rendi sostenibile la società e meglio è».

Un responsabile dell’area scouting è soddisfatto se...?

«Se la squadra vince il campionato, innanzitutto. Il lavoro difficile è creare alternative per il direttore sportivo in caso di cessioni pesanti. Lui deve avere una lista di eventuali sostituti, in grado di eguagliare o migliorare il rendimento».

La promozione in B “complica” il suo lavoro?

«No, non cambia nulla. Bisogna solo individuare le caratteristiche giuste nei profili giusti».

Oggi in quale parte del mondo c’è il terreno più fertile per scoprire un potenziale talento?

«Ad alti livelli dico in Sud America, sia per quantità che per spazi, perché la gente gioca ancora per strada. Ma anche in Italia ci sono talenti. Il mondo è pieno di giocatori bravi, bisogna solo prendere la macchina o l’aereo e andarli a vedere».

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