Scontri tra tifosi di basket di Rimini e Forlì, la titolare del bar: “La strada piena di vetri rotti, l’asfalto luccicava come per le gelate”

Rimini

«Hanno aspettato che la maggior parte dei riminesi lasciasse il bar. Sono passati dal parco, dopo aver mandato qualcuno in avanscoperta, per entrare in azione quando sapevano di avere gioco facile. Sono stati anche codardi, questi soggetti. Tifosi non li definisco, perché i tifosi sono un’altra cosa».

Michela Gabellini, titolare del bar 412 di via Redi (l’ex bar Condor) è carica di amarezza e risentimento. Ripercorre gli attimi di follia di martedì sera, quando gli ultras forlivesi hanno invaso la strada, e vestiti di nero, con spranghe, bastoni, fumogeni «e bombe carta» hanno messo in atto un vero e proprio assalto al bar in cui sono soliti trovarsi i tifosi del Rimini basket. «E per fortuna che c’erano i tifosi del Rimini», sospira la barista. «I miei colleghi hanno chiuso la porta del locale per evitare che entrassero e spaccassero tutto. Alcuni tifosi sono entrati con loro - continua - ma altri sono rimasti fuori e hanno lottato per proteggere il bar». Non nasconde la sua fierezza per quei clienti che sono ormai un punto di riferimento, Michela. La stessa fierezza che ha detto di aver provato quando, «appena due minuti dopo la fuga dei forlivesi», la barista ha visto via Redi riempirsi dei vari residenti, «tutti con la scopa in mano per pulire la strada dei cocci e dei vetri rotti. L’asfalto luccicava come la mattina d’inverno dopo le gelate. Hanno preso i vetri anche nei bidoni, oltre a quelli che si erano già portati “da casa”. «Abbiamo avuto paura, sì. Per fortuna la vetrata ha retto, ma i danni ammontano comunque a 500-600 euro, mi hanno spaccato sedie e tavoli», ammette la donna, spiegando di provenire lei stessa dall’ambiente della “curva”, della tifoseria, e di essere in prima linea per allontanare dal bar i soggetti un po’ rissosi, quelli che «hanno voglia di storie. Lo sport vero non è questo - spiega -. Chi frequenta questo bar sono tutti ragazzi perbene: lavorano, hanno famiglia. Io ci metto la faccia, se qualcuno non mi piace lo allontano. Per questo dico che chi si comporta così, chi esce di casa armato, con le spranghe, le bottiglie rotte, le bombe carta, non è uno sportivo, non è un tifoso. Nemmeno un animale, che loro di cose così violente non sarebbero mai capaci».

Con la gratitudine di chi sa che l’ha scampata grossa, Michela non può però che domandarsi cosa accadrebbe se capitasse di nuovo. «Spero che dopo questo fatto, ci siano più forze dell’ordine a presidiare le partite, e che si posizionino anche vicino al bar. Non ci sono stati feriti, ma potevano benissimo scapparci».

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