Ravenna una vita tra i rifiuti: «Si lavora 12 ore al giorno e il salario non basta»

Ravenna

Al lavoro per 12 ore al giorno, a ritirare 800 e oltre “pattumine”, per poco più di mille euro al mese. Con un’incidenza di infortuni e soprattutto malattie professionali rilevante: «Dopo due, tre anni di questo lavoro, il fisico inizia già a sfibrarsi. Alcuni, letteralmente, non reggono». E’ la situazione di una parte consistente di coloro i quali, ogni giorno, ritirano porta a porta i rifiuti nel Ravennate. A raccontarla è un loro rappresentante sindacale, Luca Savini, funzionario della Fp Cgil, che svela la condizione di chi «sta sostenendo con la propria fatica un sistema di raccolta che avrà bisogno, necessariamente, di essere rivisto. E’ giusto passare al porta a porta e questa modalità sta oggettivamente migliorando le performance sulla quantità di differenziata nel conferimento di rifiuti. Le lacune di questo sistema però - premette Savini - sono principalmente sulle spalle di lavoratori, che in una percentuale significativa realizzano anche un salario davvero insufficiente». Il ragionamento del sindacalista della Cgil parte da due elementi fondamentali: «Innanzitutto ben il 75% della raccolta in capo ad Hera è garantita dal subappalto, e questo dà origine a gare al massimo ribasso su cui sono davvero bassi i controlli. Non a caso - ricorda il rappresentante dei lavoratori del settore Igiene Pubblica - siamo in stato di agitazione nei confronti dell’azienda». Inoltre, c’è un secondo aspetto che aggrava la condizione di molti occupati del settore: «All’interno di quanto stabilito dai canoni di regolamento di Atersir, il 15% della forza lavoro necessaria al servizio può essere garantita attraverso cooperative sociali», contestualizza Savini. Questo però non corrisponde al conseguimento dell’obiettivo di agevolare l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, ma piuttosto «abbassa gli stipendi, potendo applicare un contratto differente da quello dell’Igiene ambientale. Se infatti, con le tutele di quella categoria, un dipendente può lavorare per un massimo di nove ore al giorno e percepisce, se autista di mezzo, anche 1.800 euro al mese, per i lavoratori assunti attraverso le cooperative sociali il trattamento è molto differente». Il funzionario della Fp Cgil, infatti, chiarisce come «questi possono arrivare anche a tredici ore di lavoro consecutive, un lasso temporale nel quale sostengono lo svuotamento anche di un migliaio di bidoncini. E non in tutti i casi, come avviene in alcune aree della città, devono conferire solo il sacchetto. In determinati quartieri, nel Forese soprattutto, è necessario alzare il bidoncino colmo di plastica o vetro. Va portato oltre l’altezza delle proprie spalle e rovesciato. Una simile operazione, ripetuta centinaia di volte - testimonia il rappresentante del sindacato di Via Matteucci - diventa massacrante». Turni intensi che però vedono un trattamento economico non proporzionato: «Guadagnano 1.200 o al massimo 1.400 euro. In alcuni casi si fermano a salari anche più bassi, e solo da brevissimo tempo si vedono riconosciuta una quattordicesima, frutto del recente rinnovo contrattuale. E così l’applicazione del contratto di cooperativa non serve a dare un’opportunità a chi è in difficoltà, ma diventa un escamotage per pagare meno». Con alcuni malcostumi dei cittadini che finiscono per gravare, anch’essi, sul carico di lavoro dei dipendenti: «Sono frequenti i bidoncini con all’interno pesi molto superiori al massimo consentito. E anche chi è addetto agli spazzamenti, sovente, trova interi sacchi dell’immondizia nei cestini pubblici. Questo complica ulteriormente le cose», segnala Savini. Al netto, ovviamente, di alcune aziende che invece trattano con assoluta correttezza i lavoratori: «Sono mosche bianche, e anche nel rispetto delle norme lo stress a giunture e articolazioni è per questi dipendenti insostenibile. Coi cassonetti, in questo ambito, avevamo eliminato la fatica. Ora va rivisto il porta a porta, perché le sue storture non siano pagate dall’anello debole della catena».

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