L’anello tra Mandrioli, Prato Cogne, Calla e Carnaio, con partenza e arrivo a Bagno di Romagna, è ancor più durodel tracciato dolomitico con pendenze fino al 12%

I quattro passi li abbiamo anche noi in Romagna. E non hanno nulla da invidiare ai mitici Pordoi, Sella, Gardena e Campolongo. A cavallo con la Toscana, infatti, Mandrioli, Prato Cogne, Calla e passo del Carnaio disegnano un anello ancora più duro di quello dolomitico sia per la lunghezza complessiva sia per quella delle singole salite. Punto di partenza e arrivo ideale è Bagno di Romagna, cittadina termale alle porte del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Dal borgo, che reca tracce sia medioevali sia rinascimentali, con torri e balconi che ricordano quelli di Firenze, ci si muove verso il passo dei Mandrioli, salita piuttosto lunga (11 km) ma estremamente regolare e senza pendenze proibitive (media 6,1%, massima 8%). La scalata si svolge in uno scenario suggestivo, caratterizzato prima dal susseguirsi di diverse formazioni rocciose, quasi a costituire un libro di geologia a cielo aperto, poi da un fitto bosco. L’ascesa, scandita da 27 tornanti, inizia poco dopo l’abitato di Bagno, lungo la strada regionale 71, che s’inerpica sulle pendici dell’Alpe della Serra. A lungo chiusa per una grossa frana in corrispondenza del locale “Le Tre Botti”, l’arteria è stata riaperta il 25 maggio scorso. Il picco della pendenza si tocca tra il 2,5 e il 2,9 km (8,3%) mentre uno dei punti più scenografici, quello detto “delle scalacce”, si incontra intorno al km 5, quando si costeggia una grandiosa formazione marnoso-arenacea a gradoni che con la sua mole imponente sovrasta la carreggiata. Al km 9 si incrocia la casa del pittore Giovanni Marchini, poi l’albergo-ristorante “Raggio”, sulla cui facciata una lapide ricorda la realizzazione del passo, fra il 1870 e il 1882, e il suo progettista, l’architetto Alcide Boschi. Qui si trova anche l’unica possibilità di fare acqua di tutta l’ascesa. In poco meno di un chilometro si arriva allo scollinamento, a quota 1.173 m, fra il Poggio allo Spillo (1.449 m) e il Poggio Tre Vescovi (1.232). A questo punto, 12 km di lunga e filante discesa, quindi, si gira a destra nella strada provinciale 67 per puntare al passo di Prato alle Cogne. Per raggiungerlo bisogna percorrere 17 km molto vari, con tratti in falsopiano e in contropendenza. La pendenza media risulta così modesta (4-5%), tanto più che non si registrano strappi o impennate impegnative. Dopo Camaldoli, comunità di monaci benedettini fondata mille anni fa da San Romualdo e immersa nella secolare foresta della Lama, si procede fino al valico in un’esplosione di faggi, abeti, carpini, tigli, cerri, che a malapena lasciano filtrare la luce.

Ancora un chilometro e il paesaggio cambia di colpo: la vegetazione scompare e si procede in ambiente spoglio, con splendida vista sulla sottostante valle dell’Arno. La discesa, 11 km senza particolari difficoltà tecniche, si conclude a Pratovecchio da dove, in appena 2 km, si raggiunge Stia e si attacca il terzo passo, la Calla, poco meno di 16 km che si addentrano nel cuore del Parco delle Foreste Casentinesi. Come per i Mandrioli, si tratta di una salita regolare e senza pendenze trascendentali (media 5,3%), tant’è che chi è allenato può spingere benissimo il rapportone: si viaggia quasi sempre fra il 5-7%, con una punta del 7,6% poco prima dello scollinamento e qualche tratto per rifiatare. La strada (Ss310), costruita negli anni ’30 del 1900, percorre inizialmente la valle laterale del torrente Staggia, superando piccoli centri come Santo Stefano, Calcinaia, Ponte Biforco e la chiesa di Sant’Andrea Corsini a Gaviseri. Intorno al km 3 si incrocia Fonte Cucco, utile per riempire la borraccia. Superati i 2 impegnativi chilometri finali (7,6% e 6,3%), in cui sono concentrati ben 4 degli 8 tornanti complessivi della scalata, si raggiungono i 1.295 metri del passo della Calla e si rientra in Romagna. Un veloce toboga di 2 km immersi nel verde di una fitta faggeta conduce alla piccola frazione di Campigna quindi, dopo un tratto in falsopiano, inizia la picchiata verso Corniolo, 8 km strapiombanti con magnifica vista sul crinale tosco-romagnolo e le vette circostanti. Di qui a Santa Sofia (257 m) sono 12,5 i km da percorrere, tutti curve e controcurve, seguendo il corso del Bidente e attraversando i piccoli centri di Berleta, Cabelli e Capaccio, che ospita il centro di potabilizzazione collegato alla diga di Ridracoli. Una volta raggiunto il centro bidentino, si oltrepassa il ponte sul fiume e dopo circa un chilometro si svolta a destra nella Strada provinciale 26 (indicazioni per Bagno di Romagna). Inizia qui l’ascesa al Carnaio (760 m), così denominato dalla sanguinosa battaglia avvenuta quando questo territorio era punto di frontiera della Repubblica di Firenze. Si tratta di una scalata piuttosto lunga (11 km) ma affatto regolare, anzi, si può dividere in tre tronconi: il primo, il più duro, con pendenze tra il 5% e il 9% e una punta in doppia cifra, misura 4,5 km e presenta un asfalto parecchio rovinato, quindi seguono 2,5 km in falsopiano, infine si torna a salire per 4 km, molto irregolari, con un alternarsi di strappi, tratti in piano o addirittura in discesa. La pendenza media, quindi, è contenuta (4,7%) mentre quella massima tocca quota 12%. Anche questa strada è stata martoriata dagli eventi alluvionali del maggio scorso e a lungo interdetta al traffico dal versante bidentino, causa frane prima del passo. Ora, fortunatamente, è stata ripristinata pur con qualche restringimento e un senso alternato regolato da un semaforo. Inizialmente chiuso, il panorama si apre una volta superato il km 4, prima a sinistra sul monte Aiola, poi, superata la frazione di Monteguidi, a destra sul monte Marino fino all’intero crinale appenninico di Poggio Scali e Poggio allo Spillo, attraverso un tripudio di prati, pascoli e campi coltivati. Superato il valico, in un chilometro si raggiunge il tempietto eretto a ricordo dell’uccisione, il 25 luglio 1944, di 26 abitanti di Bagno di Romagna a seguito di una rappresaglia nazista, poi una veloce discesa (4 km) conduce a San Piero in Bagno e di qui, in un km, si fa ritorno a Bagno di Romagna, chiudendo il duro ma appagante anello.

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