Giovani, donne, innovazione. La rivoluzione nel sociale

Alla prima elezione degli organi dopo la costituzione di Confcooperative Romagna, nel febbraio scorso, era divenuta la prima vicepresidente donna dell’associazione. La sua provenienza è quella della cooperazione sociale: guida infatti da due anni il coordinamento romagnolo di Ferdersolidarietà e Sanità Confcooperative. Mirca Renzetti, classe 1986, riccionese è vicepresidente di una cooperativa di tipo B, “La Formica” di Rimini. Guida pertanto, dall’aprile del 2022, un comitato composto da 184 cooperative che sfiora i 14mila addetti. Fra questi, quasi 9mila sono donne.

Renzetti, quella di Federsolidarietà è una realtà in cui il ruolo femminile è molto importante...

«Sì, e non lo è solamente per l’incidenza percentuale fra gli addetti. Sono molte le dirigenti donne, all’interno delle cooperative aderenti. All’interno dei cda si registra una parità di genere e numerose sono le presidenti donne. E in molti casi sono giovani».

Quello del coinvolgimento dei giovani è un tema complesso, non solo per l’ambito cooperativo. Sta all’interno di una dinamica in atto da tempo e che con il post-pandemia è diventata centrale. Molti ritengono che molto del problema abbia origine economica. In Confcooperative Romagna come state gestendo questa criticità?

«Dando loro un ruolo e soprattutto cercando di porre l’attenzione su un aspetto che i giovani oggi ritengono centrale. Cioè quello di dare un senso alla loro vita lavorativa. La pandemia prima e i conflitti internazionali poi hanno destabilizzato un’intera generazione, che nel futuro cerca una motivazione forte nel legarsi a un progetto. Noi cerchiamo di offrirlo, ascoltando e ricomprendendo nelle nostre politiche il tema della sostenibilità, sia in senso ambientale che sociale. Presentiamo le nostre imprese nelle scuole, ricerchiamo un’intergenerazionalità anche negli organismi dirigenziali».

Il tema economico ha un suo peso?

«Certamente sì, e il rinnovo del contratto dei lavoratori delle cooperative sociali, sottoscritto nel marzo scorso, penso vada in questa direzione. Sono stati riconosciuti nuovi istituti e si rafforza quello che è il riconoscimento del valore sociale degli operatori del terzo settore. Credo sia fondamentale».

Alla luce di questi aspetti, su quali terreni si gioca il futuro della cooperazione, in particolare di quella sociale?

«Proprio sulla attenta considerazione dei nuovi scenari su cui si caratterizza il futuro della nostra società, a partire dagli equilibri socio-demografici. Nella loro evoluzione, sentiremo come sempre più importante il tema del mantenimento dell’autonomia, sia per gli anziani che per i disabili».

Molto di questo argomento attiene alla necessità di dare più attenzione alla prevenzione...

«Sicuramente, ma non solo. C’è la casistica dei servizi domiciliari integrati, ma c’è anche l’aspetto del residenziale, in ottica di un sostegno ai care-giver. Senza dimenticare che un ruolo crescente può essere acquisito dalla tecnologia. Pensiamo solo, sul piano della prevenzione e del monitoraggio sanitario, quanto potremo fare in prospettiva con la telemedicina e l’intelligenza artificiale».

Quello dell’innovazione è uno strumento che potrà aiutare anche l’inserimento dei disabili in ambito lavorativo. Lei è vicepresidente di una cooperativa che è impegnata proprio su questo fronte. Che importanza sta assumendo nell’azione di Confcooperative?

«E’ centrale, aiutare le persone svantaggiate o comunque appartenenti alle fasce sociali più deboli (disabili, invalidi, portatori di handicap) ad essere inserite nel mondo del lavoro significa svolgere una funzione sociale doppia. Perché si dà modo a queste persone di avere un ruolo compiuto nella comunità e sostenerne l’autonomia economica. E contemporaneamente se ne tutela la salute psicofisica. Degli oltre 13mila addetti dell’ambito Federsolidarietà, ben 1.300 sono persone fragili. Pensiamo sia un elemento importante, nel quale crediamo molto».

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