Cesena: “Ero troppo ubriaco, non ricordo nulla”: dopo le minacce col coltello resterà in cella con accuse di stalking

Cesena
  • 18 aprile 2024

Era talmente ubriaco che al giudice Elisabetta Giorgi, che ieri era chiamata a “validare” il suo arresto per stalking, ha dichiarato: «Non ricordo assolutamente nulla di quanto accaduto. Per qualsiasi cosa mi scuso».

Resterà in carcere in attesa di un giudizio che si preannuncia pesante nei termini della potenziale pena finale (e per il quale il suo difensore Giulio Cola è intenzionato in futuro a chiedere un rito alternativo) il 50enne cesenate di origini marocchine che venerdì scorso ha terrorizzato la sua famiglia ed i condomini di un edificio della zona Fiorita, minacciando tutti (compresa sua figlia minorenne e una sua amica) brandendo un grosso coltello da cucina che ha puntato anche contro se stesso e contro gli agenti di polizia che erano intervenuti a soccorso.

Erano le 4.20 circa della notte tra sabato e domenica scorsi quando si è scatenato il pandemonio nella zona di via Alfieri. L’arrestato è divorziato da tempo dalla ex moglie e nei mesi scorsi era finito ancora in manette da completamente ubriaco: al Bar Bianconero di via Lucania gli inquilini degli appartamenti sovrastanti il locale avevano addirittura applaudito le forze dell’ordine che se lo portavano via, additandolo come “persona costantemente ubriaca e molesta”. Quella volta gli venne contestato (e fu assolto) di non essere rientrato in casa malgrado gli obblighi di dimora imposti dal giudice dalle 21 alle 6 del mattino. Un obbligo cautelare che, tra l’altro, tra pochi giorni sarebbe finito se, nel frattempo, non avesse aggredito l’ex moglie e tutto ciò che gli si parava davanti, trovandosi quindi ad essere rinchiuso di nuovo in carcere.

Nella vita lavora in una nota azienda avicola e di sera dorme alternandosi tra un rifugio gestito da Arci e un dormitorio della Caritas. Altre volte chiede asilo alla ex moglie e alla figlia (alle quali eroga normalmente soldi e con le quali pareva avere rapporti costanti). Saltuariamente la sua ex e la figlia lo lasciavano entrare in casa per riposare fino al mattino. La chiamata al 113 era arrivata da una condomina di via Alfieri che in quel momento stava proteggendo nella sua abitazione l’ex moglie vittima dello stalking insieme alla figlia minorenne e una sua amichetta, con l’ex marito che intanto era fuori dalla porta urlante ed armato di coltello. I poliziotti accorsi lo hanno trovato a torso nudo all’ingresso dello stabile, mentre brandiva una lama di grosse dimensioni. L’uomo non appena intravisti gli agenti, si è rivolto contro di loro con fare minaccioso e violento, senza mai smettere di impugnare il coltello. I due agenti gli hanno intimato più volte di buttare l’arma ma di fronte a minacce anche di autolesionismo hanno dovuto usare il taser per bloccare il 50enne.

Dopo l’arresto è emerso il suo status di sottoposto alla sorveglianza (con divieto di uscire di casa la notte) e si è capito come quella sera si fosse recato dopo aver bevuto presso l’abitazione della ormai ex moglie e in quelle condizioni aveva preso a minacciare e ad aggredire la donna alla presenza della figlia minore e di una sua amica, tanto da costringere tutte e tre a cercare riparo dalla vicina di casa. A quel punto l’uomo come in un film horror, aveva recuperato il coltello dalla cucina e colpito ripetutamente la porta della vicina.

La decisione del giudice è stata ieri quella di convalidare l’arresto per violenza a pubblico ufficiale, atti persecutori e violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale. Ora attenderà in cella anche un processo per stalking dopo le dettagliate denunce della ex moglie per episodi passati: non può andare ai domiciliari non avendo una dimora fissa e l’unico modo di essere scarcerato in attesa di giudizio sarebbe quello di essere dotato di braccialetto elettronico in un contesto d’inserimento in una casa di recupero per alcolisti. L’essere già in cura al Sert (come è stato ricostruito in aula) non gli ha impedito venerdì scorso al termine del periodo di astensione del Ramadan (come ha raccontato al giudice) di «uscire dal lavoro alle 18, bere tre birre, poi farsi offrire altro alcol al punto da dimenticare poi quanto avvenuto successivamente fino a dopo l’arresto».

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