Ucraina, Putin e futuro del mondo, la visione dell'esperta cesenate: "Tregua entro la fine dell'estate"

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Uno sguardo acuto “made in Cesena” sulla guerra in Ucraina e sugli scenari geopolitici planetari, a partire dal futuro ruolo della Russia. È quello di Orietta Moscatelli, 55enne che ha vissuto anche a Mosca, dal 1990 alla fine del 1995, scrivendo per “Il Messaggero”, non senza fare una trasferta nell’inferno della Cecenia. «Quello era il momento giusto per chi voleva raccontare quel Paese, in grande transizione - ricorda - Si pubblicavano fino a 3-4 articoli ogni giorno». Con un’avvertenza: «Provare a conoscere la Russia è un lavoro infinito». L’esperta di geopolitica, nata a Cesena, diplomata al liceo linguistico di Forlì e poi iscritta all’università Cà Foscari di Venezia, già al secondo anno di quella sua esperienza accademica si trasferì a studiare e a lavorare a Mosca. Poi ha proseguito la propria attività a Londra e dopo una tappa in Francia è tornata una ventina di anni fa a Roma, dove vive, pur con rientri frequenti nella sua Cesena, dove vive sua mamma. Attualmente è caporedattrice del settore esteri dell’agenzia “Askanews” e analista della nota rivista di geopolitica “Limes”. Proprio il direttore di quest’ultima, Lucio Caracciolo, ha curato la prefazione di un libro fresco che Orietta Moscatelli ha tirato fuori dal cilindro, accelerando la stesura di un volume che aveva già in testa. Si intitola “P. Putin e puntinismo in guerra” ed è stato appena pubblicato da “Salerno Editrice”. L’autrice spiega così il taglio del volume: «Partendo dalla guerra in Ucraina, ho provato a raccontare la possibile traiettoria della Russia, ma con uno sguardo interno, perché il compito di chi si occupa di geopolitica è vestire i panni dell’altro, evitando semplificazioni ed etichette». Moscatelli premette che «la guerra in Ucraina è un conflitto che ha tante dimensioni e questo rende difficile capire quale sarà l’esito». Ci sono due piani su cui ragionare. Quello più immediato, legato al conflitto, ruota attorno alla «necessità di una tregua», che secondo la studiosa «arriverà entro fine estate». Ma prima il regime di Putin dovrà «identificare quale risultato può raccontare al popolo russo come una vittoria, altrimenti il suo regime non reggerebbe e forse la stessa Federazione Russa si disgregherebbe». Sul piano delle conquiste territoriali potrebbe essere presentato in questo modo «il controllo totale del Donbass e della Crimea, con la “liberazione” dei russi che vivono là, e il collegamento le due zone, che necessita dell’occupazione del Kerson, che però l’Ucraina non è disposta a cedere». Ma il concetto di vittoria passa anche da altre logiche: «Quando si dice che l’opinione pubblica russa è favorevole alla guerra facciamo una semplificazione. In realtà, a parte i patrioti, c’è una larga fetta della popolazione che non si oppone al conflitto solo nella misura in cui riesce a essere rassicurata sul fatto che la guerra serve» e aderisce alla narrazione per cui «la Russia è guardiana dei valori tradizionali e anche delle radici cristiane». Se l’analisi si sposta dal tema della tregua a quello della pace, il discorso si complica. «È in corso una guerra economica enorme, di cui in autunno si sentiranno effetti molto pesanti sia in Russia che in Europa - avverte Moscatelli - In realtà, si sta giocando una partita geopolitica di fondo ben più grande dell’Ucraina: un conflitto de facto globale, con cui la Russia mira a scardinare l’egemonia americana, con lo strumento che sa usare, quello bellico. Putin ha fatto saltare il banco della storia e l’architettura di sicurezza europea e quella in corso è solo la prima fase di una guerra con vista sulla Cina, che ha altri problemi, vede le cose del mondo in modo diverso dall’occidente e dalla Russia, più cauto, con meno familiarità con la guerra e grande attenzione agli equilibri economici». La differenza, secondo l’analista cesenate, la farà «la collocazione delle medie potenze, come l’India, la Turchia, l’Iran, il Giappone. L’unica cosa pressoché certa è che tra dieci anni il quadro globale sarà profondamente diverso e non sarà unipolare, anche perché negli Stati Uniti ci sono tensioni interne che potrebbero scatenare una tempesta. Anche la Nato sta già cambiando. Gli Stati Uniti si occuperanno dell’area dell’Indo-Pacifico, rinunciando a fare i gendarmi del mondo, mentre del contenimento della Russia e della protezione della zona del Baltico si occuperà l’Europa». Ultima riflessione amara: «In questo quadro deve essere chiaro che in questo momento l’Ucraina è indiscutibilmente la vittima e che purtroppo uscirà devastata dall’invasione russa, comunque vada a finire».

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