Esercizio abusivo della professione medica e truffa. Sono le accuse da cui il prossimo 5 giugno dovrà difendersi davanti al tribunale monocratico di Rimini, Orfeo Bindi, classe 1956, il mago che con le sue pozioni in polvere a base di enula campana, eucalipto, salvia, fieno greco, altea, mate, guaranà, cardo mariano, assenzio romano, zenzero, noce, cannella e colanoce, assicura d’aver curato dal Covid e altre malattie croniche, centinaia di persone tra cui diversi capi di Stato, tutto il governo libico, portati direttamente nella sua cucina di via Secchiano 23 ai Padulli, dai rispettivi servizi segreti (agenti a loro volta suoi clienti). All’udienza preliminare davanti al Gup Vinicio Cantarini era presente il suo difensore di fiducia l’avvocato Antonio Giacomini del Foro di Forlì-Cesena. Il legale sottolinea come nessuna delle persone che avrebbero speso anche 1.000 euro per assicurarsi le “cure” di Orfeo Bindi, si sia costituita parte civile. Come dire: le sue erbe non hanno fatto del male.
L’inizio dell’inchiesta
Era stata la Guardia di finanza del comando provinciale di Rimini a bloccare l’attività del mago con un’indagine coordinata dal pubblico ministero Davide Ercolani che aveva subito un’accelerazione quando Bindi era finito nel mirino di “Striscia la notizia”. Come detto il 67enne deve rispondere dei reati di truffa ed esercizio abusivo della professione medica. Accusa respinta con forza nelle interviste che ha rilasciato. Ha infatti sempre sostenuto che dei suoi titoli di studio non c’è traccia ufficiale «perché sono stati criptati per motivi di sicurezza».
Per questo, non avendo un pezzo di carta in mano, si definisce «un contadino evoluto, un ricercatore». Bindi ha anche una risposta su quanto gli è accaduto. Tutto è nato perché «non si può dire che sconfiggo il Covid, come lei ovviamente saprà bene, è un argomento che non si può toccare. Dietro ci sono troppi interessi intoccabili e inconfessabili».

Rimini, “mille euro per una pozione alle erbe contro il Covid”: il mago Orfeo in tribunale
