Più di 2mila le persone prese in carico dal sistema sanitario regionale per disturbi del comportamento alimentare: in quasi la metà dei casi è necessario un ricovero ospedaliero, per oltre il 90 per cento di sesso femminile. Il fenomeno è in costante crescita (con un aumento importante nella fase emergenziale collegata al covid), con anche episodi di esordio in età pediatrica. Un trend in crescita quello dei disturbi alimentari che, inasprito dalla pandemia, vede coinvolti sempre più adolescenti maschi. A fare il punto è il dottor Andrea Del Seppia, esperto in Nutrizione clinica e sportiva. Che in primis parla dei campanelli d’allarme da non trascurare «come variazioni di peso importanti sino all’ossessione sul proprio fisico che si esplicita nel controllo continuo del peso e delle calorie».
Riduzioni
Un’ossessione che per l’anoressia sfocia nella riduzione progressiva dell’alimentazione o nell’eliminazione di alcune categorie di cibi tabù, come i carboidrati. Gli psicologi con cui collabora Del Seppia notano inoltre che «c’è chi sminuzza il cibo o mangia lentamente, oppure lo mastica e sputa. Si tratta del cosiddetto chewing and spitting, categorizzato come disturbo dell’alimentazione non altrimenti specificato». Viceversa chi soffre di bulimia consuma grandi quantità di cibo, spesso di nascosto o passando senza soluzione di continuità tra il dolce e il salato.

Interesse ossessivo
Un’altra particolarità? Alcuni pazienti nascondono gli incarti degli alimenti mangiati. Oltre al senso di colpa, gli psicologi riscontrano anche la tendenza a evitare o ridurre le situazioni conviviali più difficili da controllare. Spesso poi, prosegue Del Seppia, l’interesse per la cucina diventa ossessivo e i giovani dedicano ore a trasmissioni tv, leggendo ricette o recensioni sui ristoranti.
Altri sintomi di disagio? «La perdita di capelli, il colore grigiastro assunto dalla pelle, oltre a problemi dentali e l’ingrossamento delle ghiandole salivari, fino alla scomparsa delle mestruazioni nelle ragazze. Può esser presente infine il vomito autoindotto attraverso diverse modalità».
Beninteso che qualunque nutrizionista procede in team.
Chiarisce Del Seppia: «In presenza di una diagnosi di disturbo dell’alimentazione, lavoro in sinergia con uno psicologo per cercare di applicare il piano dietetico con un adattamento calorico più o meno idoneo, ma sempre unito a un percorso psicoterapeutico che resta imprescindibile. L’obiettivo del nutrizionista è quindi quello di avvicinare il paziente a quantitativi corretti di cibo nel modo meno stressante possibile».
Anche pazienti maschi
Il protocollo dietetico potrà essere declinato anche con l’inizio di una pratica sportiva di gruppo o in solitaria, a seconda dei consigli dello psicologo e delle condizioni cliniche. Centrale sarà infine portare il paziente a vedere il cibo come piacevole mezzo di sostentamento e non una modalità di gestione delle emozioni. Intanto salta agli occhi l’aumento esponenziale di pazienti maschi.
«Una vera svolta esacerbata dalla pandemia che – riconosce – ha messo a dura prova i giovani mandando a scatafascio le certezze». Tra le cause di un’attenzione ossessiva per l’aspetto fisico segnala infine i social network e i canoni di bellezza che impongono, «ma anche il bullismo che porta molte vittime a voler cambiare aspetto in tempi stretti e non da ultimo certi allenatori sportivi che mettono al centro il peso corporeo e in panchina il buon senso».