«L’annegamento al Grand Hotel della Perla? Vi racconto io cosa è successo davvero». A ricostruire pezzo per pezzo la drammatica giornata di giovedì scorso quando il 21enne senegalese Diongue Madiaye è morto nella piscina gestita dalla società “La Residenza” e aperta tramite pagamento di un biglietto al pubblico è la cugina della vittima, la 20enne Fatima. Giunta nei giorni scorsi a Riccione da Torino, dove abita, al seguito dei genitori che ogni estate fanno la stagione a Riccione, ha vissuto il momento «più terribile» della sua vita, in un pomeriggio che si preannunciava ricco di spensieratezza.
Fatima, è vero che suo cugino l’ha salvata dall’annegamento?
«Sì, io non so nuotare».
Quanti bagnanti erano con voi?
«In tutto quattro: una ragazza con un amico e due donne inglesi, forse madre e figlia. Siamo stati noi i primi ad arrivare quella mattina, eravamo già lì prima dell’apertura».
Suo cugino stava bene?
«Mi aveva detto di avere mal di testa».
Ci racconta che cos’è successo?
«Baye, questo il suo secondo nome, era uno sportivo e sapeva nuotare bene. Quella mattina è entrato per primo in vasca, salvo poi uscire subito, visto che l’acqua era fredda. Dopo, spronata da lui, mi sono immersa ma restando dove si toccava, prima di tornare sul lettino per un bel po’. Quanto a mio cugino si è buttato per almeno due volte. Finché verso le 13.30 -14 mi ha proposto di tuffarci dal trampolino. Il piano era che mi avrebbe preceduta per poi aspettarmi nell’acqua. Io ho detto: “No, così muoio” e lui mi ha risposto: “Stai tranquilla, non ti fidi di me?”. È saltato, come previsto, poi è stato il mio turno ma, piombata in acqua, non lo vedevo da nessuna parte. Allora mi è preso il panico e stavo annegando finché l’ho visto: mi ha offerto il materassino a cui mi sono aggrappata d’istinto».

E dopo?
«Non riuscivo a muovermi, faticavo persino a respirare. Quando sono riuscita a riaprire gli occhi “bruciati” dal cloro lui era giù, sul fondo della piscina. Non so cosa sia successo tra il salto e quell’istante. Baye era in piedi sul fondo della piscina e a un tratto si è come sdraiato. Mi sono messa a urlare. Nessuno ci ha aiutato. Una freddezza choccante perché la mattina avevamo parlato, persino dei nostri progetti futuri, con una ragazza e un suo amico che erano lì. Ma sono tutti rimasti impalati a guardare. A quel punto ho chiesto aiuto alle due donne inglesi: “Please, help him” e la più giovane, che era la più vicina, ha preso il salvagente, sì, ma per tenerlo in mano senza lanciarlo».
Finché?
«Finché è arrivato un ragazzo con i capelli ricci che si è tolto i pantaloni per tuffarsi. Ha raggiunto mio cugino tentando di estrarlo dall’acqua, ma era troppo piccolo in confronto a lui. Non c’è riuscito e ho visto il corpo di Baye ricadere giù. Poi è arrivato un secondo giovane, grande e grosso, ma ha detto che non poteva immergersi perché aveva male, se fosse sceso sarebbe stato “un casino”, ha detto così. Continuavo a piangere, invocando aiuto, finché è arrivato un terzo che ha preso la scopa con cui si puliscono le piscine, per spingere verso l’alto Baye che intanto non reagiva in alcun modo».
Quando è finita?
«Appena è entrato in vasca un quarto ragazzo che finalmente è riuscito a tirarlo fuori. Continuavo a sperare, ma bastava guardarlo per capire che era troppo tardi. Aveva la schiuma bianca alla bocca e gli occhi aperti, dovevo arrendermi all’evidenza, ma non riuscivo».
Qualcuno ha tentato di rianimarlo?
«Sì, dopo averlo messo sdraiato, in diversi gli si sono stretti attorno, eseguendo le manovre che i sanitari del 118, chiamati al telefono e messi in viva voce, suggerivano. Ma Baye non dava segni di vita».
Nel frattempo chi si occupava di lei?
«Mi hanno tirato fuori dall’acqua, ma sono rimasta sola in un luogo che neppure conoscevo. In particolare il patròn dell’hotel mi ha detto: “Perché siete entrati? Perché vi siete tuffati senza bagnino?”, continuava a ripetere. Di me alla fine si è presa cura una persona dello staff che, pur non lavorando in quell’orario, mi ha calmato e trasportata in ospedale dove poi mi hanno raggiunta i miei familiari».
Quanto tempo è passato prima del recupero del corpo?
«Non lo so, forse 10 minuti. Fatto sta che, contrariamente a quanto hanno detto, il suo cuore non è mai ripartito. Ora penso che sia tutta colpa mia».