Patuelli, Abi: "Un frutto assai modernizzato del mondo del baratto"

La regolamentazione, secondo il presidente dell’Abi Antonio Patuelli, è la sola strada per un futuro vero delle criptovalute. Ma fino ad allora rimarranno solo ed esclusivamente strumenti dai contorni molto opachi.

Il mondo bancario, oggi, come valuta il mercato delle criptovalute?

«Non è un mercato quello delle pseudo criptovalute, perché valute non sono. Infatti, sono valute solamente quelle che poggiano su una legislazione e su controlli istituzionali ben precisi. Invece le “criptovalute” sono un frutto assai modernizzato del mondo del baratto, al di fuori delle regole e sono esposte a ogni rischio di essere veicolo per riciclaggio e strumento di illeciti di ogni genere. Proprio in questi giorni possono anche essere utilizzate in ambito internazionale per aggirare le sanzioni dell’Occidente».

La ritiene, quindi, un’attività meramente speculativa, vista anche la forte volatilità del loro andamento?

«Chiaramente, nel mondo modernissimo del criptobaratto, le cosiddette “criptovalute” possono essere strumento altissimo di speculazione e di illeciti. In proposito occorrerebbero regole internazionali e connesse Autorità di Vigilanza. Purtroppo, finora l’Onu non ha realizzato nulla di tutto questo che rappresenta, invece, una nuova importantissima frontiera del diritto internazionale».

E in futuro? Ci sarà sempre una crescita o rimarrà un mercato marginale? Anche se negli ultimi anni è comunque cresciuto, per via anche della spinta data da imprenditori mondiali come Elon Musk, solo per citarne uno.

«Ci saranno alti e bassi assolutamente imprevedibili soprattutto fin quando non saranno realizzate vere valute digitali. Infatti, ritengo veramente molto importante il progetto innanzitutto dell’euro digitale che potrà essere uno strumento fortemente innovativo per le relazioni economiche degli onesti e degli innovatori onesti. Anche altre Banche centrali di Stati o di Federazioni di Stati stanno lavorando per realizzare altre vere valute digitali».

L’Autorità di supervisione europea le classifica come “prodotti ad alto rischio” e la stessa Banca D’Italia e Consob mettono in guardia dal loro utilizzo, data l’assenza di un quadro regolamentare di riferimento (che giustifica anche le tante truffe). Tuttavia, ci sono banche che da tempo fanno trading di criptovalute, anche se al momento la maggioranza degli istituti italiani non include questi pacchetti nella sua offerta. Insomma, la sensazione è di un mercato ricco di confusione, ma comunque prudente, lei cosa ne pensa?

«Penso che BCE, Banca d’Italia e Consob abbiano molte ragioni nelle loro analisi e nei moniti verso i forti rischi insiti nell’utilizzazione delle cosiddette “criptovalute” non regolate, né controllate, da alcuna Autorità istituzionale. Chi facesse trading di cosiddette “criptovalute” si assumerebbe enormi rischi non solo economici, ma anche di possibile complicità in illegalità».

La troppa vulnerabilità, ancora oggi, delle infrastrutture tecnologiche quanto incide sulla difficoltà nel regolamentare il mercato delle criptovalute?

«Il mondo “cripto” è oggi una giungla di continui conflitti dove, dietro a schermi spesso quasi impenetrabili di anonimicità, si muovono anche iniziative truffaldine, abusive e violente che attaccano sia la sicurezza pubblica, sia i sistemi informatici anche più complessi, con gravissimi rischi di ogni genere. La nuova frontiera sia del diritto internazionale, sia del costituzionalismo e della prevalenza del diritto e della legalità nei rapporti è proprio la regolamentazione e il controllo nell’utilizzazione delle nuove tecnologie. Questa è una decisiva questione per le garanzie e le tutele dei doveri e dei diritti di libertà civili, economiche, sociali e ambientali di tutti e di ciascuno».

I sistemi di blockchain potrebbero essere la risposta giusta? Il settore bancario sembra guardare a questi sistemi con grande interesse. Sta crescendo la dotazione?

«Certamente, la blockchain è una tecnologia molto innovativa ed interessante che deve essere coniugata con il diritto per la tutela piena della legalità anche nel suo stesso funzionamento».

Il recente dm sulla trasparenza delle monete virtuali del Ministero dell’economia e delle finanze prevede, importante novità, l’obbligo di iscrizione alla sezione speciale del registro pubblico informatizzato, tenuto dall’Oam, per i soggetti che intendono esercitare i “servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale e dei servizi di portafoglio digitale” in Italia. Cosa ne pensa? È un primo passo per fare chiarezza in un mercato all’apparenza così nebuloso?

«Sì, è un primo passo nella tutela della legalità e dovrà essere seguito da molti altri per essere esso stesso pienamente efficace».

Ad oggi la Cassa di Ravenna spa da lei presieduta come affronta il tema criptovalute?

«La Cassa di Ravenna S.p.A. applica nella maniera più scrupolosa ogni regola a tutela della legalità e segue in maniera precisa le disposizioni delle Istituzioni, innanzitutto della BCE, della Banca d’Italia e della Consob, anche per quello che riguarda i Consorzi e le Società di alta valenza tecnologica cui partecipa o usufruisce. Innovazione e legalità debbono procedere assieme».

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