Mujica, parole da leader alla festa «Seminiamo cultura e sobrietà»

Rimini

RAVENNA

Se il Centrosinistra italiano dovesse trovare il "Papa straniero" per unire le varie anime del possibile schieramento "a gauche" lo troverebbe in un anziano e segnato 83enne proveniente dall’Uruguay.

Per Pepe Mujica alla festa nazionale dell’Unità si radunano tanto il liberal renziano in rayban e camicia bianca d’ordinanza, quanto la ragazza in top etnico e dread biondi. L’anziano militante ex rifondatore e il grillino fuoriuscito. La folla è da tempi della revanche anni ’90 e in attesa del grande evento della Festa, c’è il pienone già da un’ora prima.

Galeazzo Bignami di FI, mentre si confronta con Debora Seracchiani nel dibattito precedente, capisce l’aria che tira e finisce per ringraziare lui i volontari della Festa. Poi arriva Pepe Mujica e anche Maurizio Martina gode dell’entusiasmo dello spazio Aldo Moro. Un applauso scrosciante li accoglie e il segretario prende pochissimi minuti per ringraziare il grande ospite e sottolineare la necessità di trovare “mondi nuovi”, partendo dal dilemma etico, dai valori. Rendendosi conto che la Festa si tiene «nel cuore della frontiera più difficile», per una sfida che «sarà aspra sin dalle Europee».

Mujica accende il pubblico

Ma al saluto ad «amigos y...companeros» di Mujica la sala si accende. Poi si incolla al carisma dell’ex presidente uruguaiano, ammaliata dal tono grave della voce. Solo una minoranza sparuta dell’audience è ispanofona, ma spesso gli applausi interrompono la relazione del senatore sudamericano ancor prima che il traduttore intervenga. Mujica parte dalla divisione storica in classi sociali sin dai tempi del feudalesimo ma in un attimo è al presente. «I proletari del futuro non saranno come noi, lavoratori di fatica nella terra. Ma esisteranno. In questo mondo di intelligenza globale - afferma - sarete più intelligenti, meno primitivi. Ma più deboli». E rivolto ai ragazzi di ClasseDem, la scuola di formazione del Pd, mette in guardia «difficilmente ci sarà una massificazione dell’insegnamento terziario. Ci saranno due livelli: uno superiore e uno inferiore, di umanità sovrabbondante. Ma la vostra coscienza dove vorrà stare? Di sopra o di sotto?». Poi il tema della corruzione, figlia di «un sistema che vede il denaro che si è preso la cultura. La mia generazione voleva cambiare produzione e distribuzione per aiutare i poveri. Ma abbiamo lasciato alla destra la cultura». Per questo «per estripare la corruzione non basta la trasparenza - spiega -. Bisogna essere seminatori di una nuova cultura della sobrietà. In natura la crescita infinita non esiste e anche il consumismo capitalista ha una fine. Può essere la fine dell’uomo, o l’inizio di una nuova era. Dipende da noi».

La sfida della sinistra

Per questo «da giovane pensavo che la sinistra dovesse prendere il potere, oggi credo che debba lottare per la civilizzazione dell’uomo». Per farlo però serve essere forti nell’esemplarietà: «Alla lunga dovremo occuparci di essere coerenti nel vivere come si pensa. O finiremo per pensare a come vivere». La platea lo acclama e lui si rivolge direttamente ai “compagni”: «Questo impegno lo dobbiamo chiedere alla sinistra, non è possibile chiederlo alla destra. Per questo, ancora oggi, destra e sinistra sono parole moderne. Io mi sento compagno di Epaminonda, dei Gracchi e di Gesù Cristo in quanto uomo. Sono compagno - conclude - di tutti coloro che, nella storia, hanno lottato per la civilizzazione dell’uomo».

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