Nuovo «no» alla scarcerazione per Cagnoni: respinta la sua richiesta per i domiciliari

Rimini

RAVENNA. Aveva chiesto «clemenza e fiducia» per ottenere un alleggerimento della misura cautelare e «gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico» perché la detenzione in carcere gli era diventata «insostenibile» al punto da farlo sentire «ai piedi di Cristo». Ma la richiesta avanzata la scorsa udienza da Matteo Cagnoni (contro la quale avevano espresso parere negativo sia il pm Cristina D’Aniello che il legale della famiglia della vittima, l’avvocato Giovanni Scudellari) è stata rigettata dalla Corte che ha ribadito quanto espresso prima di Natale di fronte ad analoga istanza.

Udienza rinviata

Il provvedimento è stato notificato ieri alle parti dopo la brevissima udienza di rinvio del processo per omicidio dovuta al maltempo. La neve che ha paralizzato mezza Italia aveva infatti imposto il differimento; con le autostrade chiuse per il gelicidio, diversi testimoni che dovevano essere sentiti non sono riusciti nemmeno a mettersi in viaggio. Difficoltà negli spostamenti anche per i difensori dell’imputato, gli avvocati Giovanni Trombini e Francesco Dalaiti, tanto che al loro posto per la comunicazione del mero rinvio è stato nominato il legale Francesco Papiani. Il presidente della giuria popolare, il giudice Corrado Schiaretti (a latere Andrea Galanti) non ha ritenuto accoglibile l’appello lanciato dal dermatologo a processo con l’accusa di aver ucciso la moglie Giulia Ballestri da cui si stava separando, appello fondato essenzialmente sul cambiamento interiore dichiarato dallo stesso imputato. Nel rimarcare che «nella valutazione delle esigenze cautelari non c’è spazio per particolari benevolenze soggettive, essendo in gioco non già il senso di umanità ma le garanzie di tutela processuale imposte dall’ordinamento e valutate dall’autorità giudiziaria procedente», la Corte ha ritenuto «che le esigenze di tutela processuale non si siano modificate negli ultimi due mesi, posto che la condizione soggettiva di sofferenza per la detenzione costituisce dato inidoneo a incidere sulle valutazioni di adeguatezza».

I motivi del “no”

Dopo il no alla scarcerazione già espresso prima di Natale dalla stessa Corte e quelli a suo tempo decisi da gip, gup e Riesame, il dermatologo incassa così un altro parere negativo. «Due soli mesi di comportamenti processuali adeguati, non manipolatori, aggressivi o offensivi dell’imputato, che precedentemente aveva più volte manifestato incapacità di gestire le proprie pulsioni nel corso del dibattimento» per i giudici non rappresentano un dato sufficiente a modificare un giudizio cautelare basato su elementi oggettivi. E anche se finora il dibattimento è stato incentrato sui testi dell’accusa, con la difesa che giocherà le proprie carte da metà mese, per la concessione dei domiciliari ad avviso della giuria «non è sufficiente sostenere che dopo 16 mesi di restrizione la permanenza in carcere è divenuta insostenibile».

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