L'omicida confessa: «L'ho uccisa dopo aver bevuto un caffè con lei»
Napoli, assistito dall’avvocato Carlo Benini, nei giorni scorsi aveva chiesto un incontro con gli inquirenti. La sensazione era che fosse in procinto di confessare. E così è stato. Dalle 15 alle 17 di venerdì ha ripercorso quella lunga giornata nel corso di una deposizione a dir poco drammatica, in cui è scoppiato a piangere più volte: «Ero andato da Anna Maria per chiederle dei soldi. Poche decine d’euro per comprare un regalo per la sorella Luisa (Napoli, come noto, era stato in passato legato alla donna di 23 anni più grande, ora ricoverata in una casa di riposo). Lei non mi ha voluto dare quei soldi, ma mi ha offerto un caffè. Quando si è alzata per lavare le tazzine sono stato preso come da un raptus e le sono saltato addosso. Ho preso una sciarpa di lana e ho cercato di strangolarla. Poi è caduta a terra e le sono saltato sopra lo sterno con le ginocchia e infine le ho conficcato nel collo qualcosa di appuntito, ma non chiedetemi cosa. Davvero non ricordo». Questo, in sintesi, quanto dichiarato dall’uomo. Una ricostruzione definita «compatibile» con quanto stabilito dall’autopsia che aveva fatto emergere, oltre ai segni di strangolamento e accoltellamento, persino una rottura delle costole della povera pensionata, spiegabile a questo punto con l’enorme differenza di stazza tra l’aggressore e la Bartolotti. Subito dopo Napoli - stando alla sua confessione - fruga nell’armadio della donna e ruba alcuni gioielli e il portafogli poi gettato in un cassonetto. Quando comincia a star male entra in un bar, chiede un alcolico per riprendersi, poi una camomilla. E infine raggiunge l’ospedale con i vestiti ancora imbrattati di sangue». Difficile pensare che possa aver fatto tutto da solo e anche per questo l’indagine, nonostante la confessione di Napoli, come riferito ieri dal Corriere è tutt’altro che conclusa. «Ma su questo fronte d’inchiesta - conclude Mancini - preferiamo non aggiungere nulla a quanto già trapelato».