Cercando il vero nell'Italia dei troppi misteri

Rimini

 

RAVENNA-RIMINI. 28 maggio 1974 – 28 maggio 1980. Due momenti bui della storia repubblicana legati da una data e, forse, da molti fili rossi che ancora non conosciamo. La strage fascista di Piazza della Loggia a Brescia e l’uccisione del giornalista del Corriere della Sera Walter Tobagi.

Sono due eventi distinti, ma la storia italiana degli ultimi 60 anni è piena di molti altri omissis: a partire dall’eccidio di Portella della Ginestra passando per piazza Fontana, per l’uccisione di Peppino Impastato, per la strage di Bologna fino a Ilaria Alpi: quattordici anni dopo Tobagi, muore assassinata a Mogadiscio la giornalista del Tg3. Vent’anni fa, oggi.

A tenerli insieme, il mistero e il silenzio. Anzi, i troppi silenzi, le omissioni, i «non ha commesso il fatto» o «non sussiste».

È un filo che Benedetta Tobagi, la figlia di Walter, che aveva solo 3 anni quando lo uccisero, oggi cerca di riannodare nel libro Una stella incoronata di buio. Storia di una strage impunita (Einaudi): lo presenterà questo pomeriggio a Ravenna (alle 17.30 in sala Muratori) e sabato a Rimini (sempre alle 17.30 al Museo della Città), dove converserà con Ilaria Moroni, coordinatrice della Rete degli archivi per non dimenticare e direttrice del Centro di documentazione Sergio Flamigni, il senatore forlivese già presidente della Commissione d’inchiesta sulla P2 e sul caso Moro. L’incontro riminese è organizzato dall’Associazione Alpi.

«La nostra storia è segnata da mancanze di verità – dice Benedetta Tobagi –. Sono rimasta molto colpita dalle parole della madre di Ilaria Alpi che, parlando di processi e depistaggi, ha detto: a me basterebbe che uscisse la verità. Ecco, io vorrei rimarcare con forza la necessità di poter sapere – con il massimo grado di approssimazione possibile – come sono andate le cose».

Un anelito che parte sin dal suo primo libro, Come mi batte forte il tuo cuore, dedicato al padre, e che l’autrice definisce «l’altra valva di un’unica conchiglia».

Ancora il 28 maggio: una coincidenza impressionante.

«Sono le coincidenze che ti chiamano verso un racconto» risponde la giornalista e storica milanese. «E c’è un nesso inscindibile – aggiunge – che collega la storia delle stragi di matrice neofascista degli anni tra il 1969 e il 1974, e il terrorismo di sinistra del periodo successivo».

Pagina dopo pagina, inchiesta dopo inchiesta, nel «tentativo di recuperare quello che non sappiamo», per Brescia si è riaperto uno spiraglio proprio pochi giorni fa. Il 21 febbraio la Cassazione ha cancellato le assoluzioni di Carlo Maria Maggi e di Maurizio Tramonte. Così ora «una soluzione penale è possibile».

Ma c’è un motivo per cui è così difficile arrivare alla comprensione dei fatti?

«La strage di Piazza della Loggia ha conosciuto moltissimi depistaggi – anche se non tanti quanti il caso Alpi – ma dai fatti emergono precisi quadri di responsabilità, al di là delle sentenze».

Alla mancata verità contribuisce però anche l’atteggiamento dei media.

«Che è nevrotico: tutti presenti al momento della lettura delle sentenze, ma non prima, durante i processi, quando emergevano i depistaggi. Bisogna cercare di rappresentare, far conoscere, far riflettere, poi il giudizio viene da sé».

Parlando di omissioni, segreti e depistaggi, viene spontaneo chiederle cosa pensa della trattativa Stato-mafia, uno dei segreti meglio conservati della nostra storia recente.

«C’è un processo in corso, ma quello che mi impressiona è che si sia perso il senso della differenza tra ciò che è penalmente rilevante e ciò che è molto grave dal punto di vista politico. In quello snodo terribile delle stragi mafiose, da molti elementi risulta che una trattativa c’è stata, e il cammino giudiziario cercherà di fare chiarezza. Anche se ho l’impressione che la politica avverta la necessità di tutelare soprattutto se stessa».

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