Un prezioso dipinto rubato 88 anni fa scovato a un’asta online

Rimini

CESENA Nel 1930 era misteriosamente sparito dalla pinacoteca di Bologna. Ora, a 88 anni di distanza da quel furto, uno dei capolavori di una straordinaria pittrice del Seicento è tornato al suo posto. Si tratta di un dipinto di piccole dimensioni di Elisabetta Sirani, bolognese alla quale sono state attribuite più di 200 opere di alto livello, pur essendo morta ad appena 27 anni.

Il recupero del capolavoro

Sono stati i carabinieri a sequestrare la sua Madonna orante in una casa d’aste genovese. Ma buona parte del merito del recupero va riconosciuto a un grande appassionato d’arte cesenate: Alex Cavallucci.

È stato lui ad accorgersi che quell’olio su tela, che era stato messo in vendita online presentandolo genericamente come riconducibile alla scuola di Guido Reni, era un gioiellino della Sirani.

È così riuscito ad acquistarlo per poche migliaia di euro, dopodiché non lo ha mai ritirato, perché ha correttamente fatto una segnalazione ai responsabili della pinacoteca del capoluogo emiliano. A quel punto, è stata fatta scattare l’operazione del locale Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale.

Orgoglio misto ad amarezza

Cavallucci è giustamente orgoglioso del contributo decisivo che ha dato per il ritrovamento. Al tempo stesso non nasconde però una punta d’amarezza per il fatto che altri si sono presi tutto il merito, senza menzionarlo minimamente.

Il recupero della Madonna Orante è stato celebrato organizzando un grande evento: non solo c’è stata una cerimonia ufficiale di riconsegna dell’opera alla pinacoteca, ma in queste settimane può essere ammirata a Bologna, accostata al Redentore benedicente di cui era una sorta di “pendànt”. È diventata il pezzo forte di quella mostra allestita a palazzo Pepoli Campogrande.

Ma il cesenate senza cui quel capolavoro della Sirani sarebbe probabilmente rimasto “disperso” non è stato citato in alcun modo quando lo scorso 13 settembre è stato dato l’annuncio del recupero. Non ha neppure ricevuto inviti in occasione dell’inaugurazione dell’esposizione. E nessuno si è degnato di dargli almeno in omaggio il catalogo della mostra.

Il ruolo nel recupero

L’unica cosa che è stata detta è che tutto è partito «dall’acquisto fatto da un romagnolo ignaro». Un aggettivo usato per sottolineare che il compratore non ha alcun coinvolgimento nei risvolti illegali della vicenda.

Ma Cavallucci ci tiene a rivendicare il fatto che non era assolutamente ignaro del valore di quel dipinto e dell’identità dell’autrice.

Spiega che, appena lo scorso maggio vide l’opera sul catalogo online, intuì che dietro c’era la mano di Elisabetta Sirani.

«Chiesi anche un parere ad Adelina Modesti, una storica dell’arte molto quotata, alla quale inviai una foto - racconta il cesenate, che in città è noto anche per l’impegno a favore dell’inclusione sociale di chi soffre di disturbi psichici - E anche da lei ebbi la conferma che la mia convinzione era fondata». Cavallucci aggiunge che aveva riconosciuto «l’uso particolare del pennello, quasi “rigatino”, che è un tratto distintivo di Elisabetta Sirani, così come l’ottima preparazione delle tele su cui dipingeva. Tanto che ad un primo sguardo c’è chi scambia le sue opere per quadri dell’Ottocento, invece che del Seicento».

Visto come sono andate le cose, Cavallucci si è sentito «offeso» per il mancato riconoscimento del ruolo che ha avuto nel recupero della Madonna orante. E lo ha fatto sapere anche a chi dirige la pinacoteca nazionale di Bologna. «Neppure quando sono andati a fare il sequestro mi è stato comunicato nulla», lamenta.

La quotazione economica

Il valore di mercato di quella tela restituita alla collettività è stato stimato in circa 20.000 euro. Ma anche su quella quotazione l’esperto cesenate è perplesso: a suo avviso, si potrebbe avvicinare a 50.000 euro.

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