La mostra-omaggio di San Marino ad Antonio Ligabue

SAN MARINO. Artista straordinario, pittore vero senza categorizzazioni, questo l’Antonio Ligabue che racconta la mostra sammarinese presentata e inaugurata ieri a Palazzo Sums a San Marino Città, aperta al pubblico da oggi fino al 29 settembre. Titolo “Antonio Ligabue tra genialità, talento e follia” per sottolineare, come ha spiegato la curatrice Francesca Villanti, «la sua infinita genialità e grandezza da riuscire a trasformare il dolore in arte».
Una grande antologica, voluta e patrocinata da tre Segreterie di Stato della Repubblica (Esteri, Cultura, Turismo), grazie alle sinergie messe in campo, come evidenziato dal segretario di Stato al Turismo, Augusto Michelotti, diversa dalle altre a lui dedicate negli ultimi anni come ha precisato Alessandro Nicosia, direttore di Cor, che l’ha organizzata e prodotta, con la curatela di Francesca Villanti e Francesco Negri, il contributo della Cassa di Risparmio di San Marino che la ospita, la partecipazione della Fondazione Museo Antonio Ligabue e del Comune di Gualtieri (Reggio Emilia).
La mostra
Oltre 50 le opere esposte appartenenti a collezioni private, di cui 5 inedite, mai presentate al pubblico, suddivise in 4 sezioni: postiglioni, autoritratti, animali, disegni e sculture appartenenti ai tre periodi in cui viene suddivisa la sua produzione: 1927-39, 1939-52, 1952-1962.
I disegni come le opere scultoree (qui in bronzo) sono rarissimi, soprattutto queste ultime perché realizzate in creta che lui raccoglieva sul greto del fiume Po, impastava con la saliva e quasi sempre non si preoccupava di cuocere. Ad aprire la mostra un bellissimo video di Andreassi che lo riprende, realizzato in preparazione dello sceneggiato Rai, e la stessa è accompagnata dal ricco catalogo Skira curato da Villanti in cui appare un saggio di Giuseppe Amadei e la testimonianza di Sergio Negri che, come ha raccontato, lo ha conosciuto e amato fin da bambino poi se ne è occupato come gallerista, ha creato la Fondazione che ha sede nel paese dove Ligabue visse e morì, e contribuisce a tenere alta l’attenzione su di lui.
Ha detto di lui Sergio Negri
«Ho conosciuto Ligabue da quando ero bambino e so che la sua ragione di vita era la pittura. Era un pittore vero, conscio di ciò che voleva e faceva, esprimendosi con una tale qualità da risultare violenta, irrefrenabile forza creativa. Innegabili le sue origini primitive ma, sottoposto agli stimoli del suo talento e alla proficua preparazione autodidattica, approda a sperimentazioni e ricerche estetiche nelle sfere dell’introspezione e dell’espressionismo».
Chi era
Paragonato a Van Gogh per l’esistenza travagliata ma anche per la geniale espressività artistica, era nato nel 1899 a Zurigo, in Svizzera, da una ragazza madre italiana emigrata per necessità. Il suo patrigno che la sposò e gli diede tre fratelli non fu in grado di mantenerli e lui fu dato in adozione a una famiglia tedesca. Questa lo amò molto ma le sue difficoltà caratteriali, che gli derivavano da un’infanzia di stenti e privazioni, provocarono un primo internamento e da lì la cacciata dalla Svizzera verso l’Italia. Tentò di tornare ma i gendarmi lo riacciuffarono e lo riportarono in Italia a Gualtieri, paese di origine del patrigno. Qui visse tra campi e boschi sempre in solitudine, mezzo analfabeta, parlando un tedesco stentato. Anche il suo nome è frutto di questo suo grammelot: quando gli chiesero come si chiamasse storpiò il cognome del patrigno Bonfiglio Laccabue; da qui Ligabue, che lui fece suo.
A tenerlo vivo l’amore per la pittura, migliorando sempre più la sua mano, grazie anche a Mazzacurati e Bartolini che ne compresero il talento. Emaciato, col naso rotto a causa delle crisi depressive, conobbe il successo artistico e anche un po’ di agiatezza ma continuò a vivere come prima. Morì nel 1965.

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