Tre malati di tumore di Riccione e Ravenna alla Maratona di New York

Riccione

Più forti della malattia correranno la Maratona di New York. Un progetto in fase di sviluppo da mesi, ma che solo sabato scorso ha avuto la garanzia di realizzarsi, dopo che gli ultimi test fisici effettuati a Brescia hanno dato riscontri positivi. Ora è ufficiale: l’Istituto Oncologico Romagnolo porterà tre pazienti oncologici in fase attiva di malattia a New York per prendere parte alla Maratona più famosa del mondo. Sono stati selezionati i riccionesi Monica Giunta e Valter Marcelli: assieme a loro Cristian Galli, nato a Rimini ma residente da 15 anni a Ravenna, e la dottoressa Elisa Ruggeri, psicologa dello Ior che ha deciso di sposare la causa e di percorrere anch’essa i 42 km che separano la partenza del Verrazzano Bridge dall’arrivo di Central Park.

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Il progetto
Un progetto che non sarebbe stato comunque possibile realizzare senza la preziosa collaborazione di Gabriele Rosa; medico cardiologo, è probabilmente l’allenatore di maggior successo dell’atletica mondiale alla luce di un palmares che vanta 9 record del mondo, 20 medaglie d’oro ai campionati mondiali, 19 medaglie olimpiche e 49 maratone del circuito top-6 conquistate. Come ogni anno la sua équipe si occuperà non solo della preparazione di professionisti della corsa ma anche di atleti speciali, di cui i pazienti oncologici romagnoli rappresentano solo una piccola parte: parteciperanno alla spedizione anche i pazienti affetti da sclerosi multipla dell’Associazione Sevuoipuoi, le persone affette da Parkinson della Parkinson&Sport, i giovani della comunità di San Patrignano e gli ospiti della Cooperativa Sociale Download – Albergo etico.

Secondo le parole di Fabrizio Miserocchi, Direttore Generale IOR, «questo progetto è la naturale prosecuzione di ‘Move Your Life’, il percorso dedicato ai pazienti oncologici con cui poniamo l’attenzione sull’importanza del movimento come arma per rendere più efficaci i trattamenti e più tollerabili gli effetti collaterali. I nostri tre ragazzi hanno dimostrato non poco coraggio ad accettare questa sfida: Monica e Cristian non hanno mai corso su una distanza simile, e Valter non ne ha avuto più la forza dopo la diagnosi. Ma sono sicuro che la determinazione con cui si sono imbarcati in questa avventura, unita alla competenza dell’equipe del dottor Rosa che ne segue la preparazione, siano la garanzia migliore affinché questo viaggio si riveli un grande successo: speriamo che il loro entusiasmo sia contagioso e convinca altre persone, non solo pazienti, ad uno stile di vita sano che preveda una buona dose di esercizio fisico».

Sulla stessa linea anche il dottor Gabriele Rosa: «Si tratta di un’esperienza con un impatto psico-fisico molto importante, che li permette non solo di maturare una nuova consapevolezza nei propri mezzi e di affrontare con rinnovata determinazione il problema di cui soffrono, ma che li porta a diventare un esempio per chiunque si trova nella medesima situazione. L’esperienza che vivono questi ragazzi a New York, poi, è indescrivibile: partono assieme a 50.000 persone e lungo il percorso ci sono milioni di americani che imparano il tuo nome e ti incitano a non mollare. Quando i nostri atleti tagliano il traguardo non sono più le stesse persone che erano alla partenza. Il nostro obiettivo non è quello di fargli vivere un’esperienza faticosa, stressante, ma far capire loro che anche con una patologia non ancora risolta e invalidante come un tumore, si possa portare avanti un’attività motoria e, soprattutto, prefiggersi grandi traguardi».

Cristian Galli
Tornando ai ragazzi coinvolti dall’Istituto Oncologico Romagnolo in questa iniziativa, uno in particolare è del territorio ravennate. Cristian Galli è un classe ’72 nato a Rimini ma residente da 15 anni nella città dei mosaici, dove lavora presso la Polizia locale. Sposato, due figli di 13 e 10 anni, ha scoperto di soffrire di un carcinoma polmonare tre anni e mezzo fa. «Mi ero accorto di soffrire di disturbi all’occhio destro – spiega – ma non mi sarei mai immaginato che quell’anomalia al campo visivo si rivelasse poi essere una metastasi. Ho sposato un protocollo sperimentale di terapia a bersaglio molecolareall'Irst di Meldola: devo prendere pastiglie tutti i giorni e farmi controlli una volta al mese. Dopo un iniziale periodo in cui il tumore dava segni di regressione, ora sembra essersi arrestato: quanto basta per poter prendere parte a questo splendido progetto. Nel periodo successivo alla diagnosi, nonostante sia sempre stato uno sportivo, avevo cessato la mia attività: ma da quando sto meglio ho ripreso piano piano a muovermi, e ho notato come anche gli effetti collaterali delle terapie siano meno pesanti. Sono felicissimo ed emozionato di poter provare le sensazioni della Maratona di New York: mi sono approcciato al running da poco, seguendo l’esempio di Leonardo Cenci, ma non ho mai fatto 42 km in vita mia. Sono comunque tranquillo perché abbiamo un preparatore che ci segue: quel giorno non guarderò il cronometro ma farò la mia corsa per riuscire a tagliare il traguardo e dimostrare a me stesso e agli altri di potercela fare. La vita è bella, bisogna viverla al massimo finché ne abbiamo la possibilità: spero che questo messaggio arrivi anche ai miei “colleghi” a Meldola, che ogni giorno come me lottano contro questo terribile male».

Monica Giunta
Monica Giunta è un’infermiera di 49 anni di Riccione: dopo aver sofferto a 13 anni di un’emorragia cerebrale che l’ha costretta a un mese e mezzo di rianimazione e a una lunga riabilitazione, a 47 anni ha scoperto di soffrire di un tumore al seno. Dopo essersi sottoposta ad un’operazione di mastectomia e alle successive terapie, l’anno successivo durante un controllo le è stato diagnosticato un carcinoma anche all’altra mammella. «Per me è stata una sensazione molto strana, quella di vestire i panni del paziente – spiega – io sono sempre stata quella che prende la vena agli altri, non quella a cui vengono somministrate le medicine. In questo lungo e difficile percorso aver riscoperto la corsa mi ha aiutato molto: non solo per una questione fisica, ma anche psicologica. Ho preso parte infatti al progetto ‘Move Your Life’, grazie al quale ho conosciuto persone con cui si è creato un legame d’amicizia inossidabile: ancora oggi ci diamo ogni giorno il buongiorno e la buonanotte sul nostro gruppo WhatsApp. D’altronde per tanti anni ho detto ai miei pazienti che ne comprendevo le angosce, ma solo oggi che ho vissuto certe emozioni sulla mia pelle posso dire che non era vero: solo chi le prova in prima persona può capirlo. Quando mi hanno detto che sarei andata a New York, non ci potevo credere. Mio figlio Jacopo mi ha addirittura chiesto se vincerò: io gli ho risposto ‘sì, ma la malattia!’. Non ho mai corso 42 km, ma so che gli atleti del dottor Rosa hanno sempre tagliato il traguardo e non voglio essere certo io la prima a fare brutta figura».

Valter Marcelli
Valter Marcelli, invece, la Maratona l’ha già corsa: ma dal giorno della diagnosi non aveva più avuto la forza di affrontare una simile impresa. Riccionese, 52 anni, ha scoperto nel 2013 di soffrire di una neoplasia all’intestino, che ha dato anche metastasi al peritoneo. Dopo che la chemioterapia ha scatenato effetti collaterali intollerabili, da qualche anno affronta un protocollo sperimentale di immunoterapia a Modena che gli ha permesso di approcciarsi nuovamente alla amata corsa, anche grazie al progetto ‘Move Your Life’ dello Ior. «Per me il running è una medicina per il fisico e per l’anima: nei periodi in cui ero troppo debole per allenarmi ho notato che i momenti di scoramento aumentavano e rischiavano di sfociare in una vera e propria depressione. La Maratona di New York sarà una grande festa: anche se probabilmente sono più preparato degli altri ad affrontare certe distanze sarà un piacere per me partire assieme a tutti i ragazzi seguiti dal dottor Rosa. Dopodiché ognuno farà corsa a sé, col proprio passo: ma davvero l’obiettivo, per tutti noi, è quello di tagliare il traguardo e goderci una splendida esperienza assieme ad altri 50.000 runners e a tutte le persone che quel giorno si fermeranno a fare il tifo e a gridare il nostro nome.Essere seguito da un preparatore che questa corsa l’ha già vinta 11 volte è uno stimolo ulteriore per un appassionato come me: non vedo l’ora che arrivi il 3 novembre». 

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