Lugo, "questa chiesa non è un parco giochi": polemiche, poi il parroco precisa

Lugo

«La chiesa non è un parco giochi». Questa la frase che con tono perentorio ha pronunciato don Leo durante l’omelia nella messa domenicale alla Collegiata di Lugo. Apriti cielo. Alcuni fedeli hanno frainteso quelle parole pensando che il parroco si riferisse ai bambini che, come è naturale che sia, ogni tanto iniziano a piangere nei passeggini o muoversi tra i banchi.

Del resto se una famiglia vuole recarsi in chiesa non potrebbe fare diversamente e, soprattutto nel mondo cattolico, avere dei figli non è certo un peccato.

Resta il fatto che quel messaggio, leggermente distorto, è subito diventato virale, finendo per enfatizzare il concetto che don Leo non voglia i bambini in chiesa. In realtà chi lo conosce bene sa che è considerato da tutti come un prete “forever young”, stimato proprio per la sua capacità di stare in mezzo ai ragazzi, senza preconcetti e immedesimandosi nei loro comportamenti. E questo anche con chi non crede o professa altre religioni. Del resto è l’unico che nella foto profilo si è fatto immortalare col nipote che indossa la maglia “Supreme”.

«Quella frase si riferiva a un episodio della sera prima – spiega don Leo – durante la quale alcuni ragazzini, palesemente ubriachi, erano riversi nelle adiacenze della Collegiata. A dire il vero quella citazione l’ho presa in prestito da un bambino più piccolo di loro che, passando di lì in bicicletta, gliel’ha urlata in faccia sentendoli bestemmiare di fronte all’ingresso della chiesa. Un piccolo gesto di coraggio - gli altri erano di più, più grandi e in evidente stato di ebbrezza - che ho voluto fare mio e ribadire. Bisogna avere rispetto per i luoghi di culto, di qualsiasi religione».

In città, soprattutto nel centro storico in cui si erge la Collegiata, sembrava strano che uno mentalmente aperto come don Leonardo Poli - alias don Leo - non gradisse qualche naturale e ingenuo rumorio dei bimbi più piccoli.

«Sentirli è un segno di vita, gioia e felicità – prosegue il parroco –. Sarebbe drammatico il contrario. Non è mai successo che dei bambini abbiano dato fastidio ai credenti e alla celebrazione delle funzioni».

In realtà, ma i grandi faticano ad ammetterlo, è più fastidioso e deplorevole che qualcuno non silenzi il telefono prima di entrare in chiesa. Finirà che qualcuno metterà come suoneria il pianto di un bimbo sperando di non rendersi ridicolo e riconoscibile.

Tuttavia non è certo la prima volta che la Collegiata fa parlare di sé. Fortunatamente sempre per delle simpatiche iniziative.

Certamente è stata una delle prime parrocchie a istituire i dispenser digitali di acqua santa. Nel periodo Covid più critico, appena le chiese avevano riaperto e iniziato a celebrare le funzioni, don Leo si era accorto che per molti fedeli non poter intingere le dita nell’acquasantiera era qualcosa di inconcepibile. Da lì l’idea di dotarsi di un erogatore automatico.

In passato però ci fu anche chi lanciò una sorta di anatema, rimasto nella storia lughese.
Durante la messa natalizia di una trentina di anni fa, l’allora parroco don Ennio (al quale è stata recentemente intitolata una via adiacente alla Collegiata) invitò a uscire dalla gremitissima chiesa tutte le donne che indossavano una pelliccia. Tra i banchi ci si voltò tutti e non per scambiarsi un segno di pace. Era una vera caccia alla volpe, a chi la indossava. Sta di fatto che di lì a poco le pelliccerie chiusero tutte.

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