La partigiana Iris Versari raccontata da Sandra Bellini

Non la donna del capo, né una che nella lotta partigiana ci si era trovata per caso: Sandra Bellini con Iris Versari. Una biografia partigiana (Il Ponte Vecchio) restituisce una dimensione a tutto tondo alla figura di Iris Versari, con un libro frutto di ricerche d’archivio, e interviste a quanti avevano vissuto le vicende di quegli anni. Ricerche non semplici «perché la Banda Corbari – spiega Bellini, insegnante e ricercatrice – era totalmente slegata dal Comitato di Liberazione Nazionale, quindi su di loro non erano stati prodotti documenti scientifici. C’era materiale di parte fascista, e su Versari poi esisteva ancora meno».

È stato questo silenzio che l’ha spinta a fare la sua ricerca?

«In realtà il libro è tratto dalla mia tesi di laurea: fu proprio la mia relatrice a consigliarmi di indagare il rapporto fra donne e armi, e a indicarmi Iris Versari, una figura dimenticata da tutti».

Di qui la volontà di darle un volto più definito.

«Sì, attraverso l’esame di archivi in mezza Italia, a Roma, Como, Milano… e interviste a chi aveva avuto a che fare con la banda, o addirittura aveva conosciuto lei. Quando iniziai questo lavoro infatti erano ancora vivi un fratello e una sorella di Versari, la sua amica del cuore e altri che la ricordavano. Quindi ho incrociato i ricordi con i documenti in un lavoro di confronto che mi ha permesso di fare emergere anche testimonianze del mondo contadino romagnolo, un dato importante perché i giovani lo sentono ormai molto lontano, come sentono lontana la stessa Resistenza di cui a volte sono anche poco curiosi. Ho pensato allora di fare un’opera corale, inserendo le testimonianze in un tessuto narrativo, e motivando tramite il contesto certe scelte e certe situazioni in cui Versari si trovò».

Questo non ha rischiato di coinvolgerla troppo con l’oggetto della sua indagine?

«Da storica, sono riuscita a rimanere distaccata. Semmai ho capito meglio certe situazioni: Corbari, Casadei, Versari stessa avevano vent’anni o poco più, vivevano una vita di pericolo e di privazioni, di fame, sempre a rischio, sempre all’erta, sempre in preda alla paura…».

Ma alla fine di tutto, che ritratto emerge di Iris Versari?

«Era istintivamente una ribelle e ci sono tanti episodi in cui lei reagisce a soprusi compiuti in sua presenza. Era una antifascista d’istinto e d’istinto rifiutava il regime, un’anticonformista: si truccava e voleva lasciare l’ambiente ristretto della campagna per andare in città, tutte cose che andavano contro le regole sociali di quel mondo ma che le avrebbero permesso di allontanarsi dalla famiglia e affermare se stessa. Anche diventare l’amante del partigiano più famoso dell’Emilia-Romagna fu un modo per esporsi pubblicamente, come anche l’essere diventata partigiana armata ben prima di conoscere Corbari: tutte dimostrazioni di una indipendenza che lei rivendicava. Spesso la critica storica ha affermato che le donne della Resistenza agivano per un motivo privato e non ideale. Ma questa è una tesi che tende a sminuirle: le donne nella Resistenza furono invece quelle che scelsero davvero, che si misero in gioco, e l’apporto delle staffette o delle donne cuciniere fu decisivo, anche se si tenta continuamente di ridurne l’importanza in modo ben diverso da come si fa con gli uomini. E anche Versari risente di questi schematismi e pregiudizi».

In che senso?

«Beh, prima è la puttana, poi l’eroina che si sacrifica per il suo uomo. È la donna fuori dalle regole che poi espia la sua colpa, e così facendo rientra nei canoni della moralità riconosciuta. Neanche le fonti resistenziali la considerano per se stessa: è l’unica donna della banda ed è solo questo a farla uscire dall’anonimato, ma non le viene riconosciuto un ruolo e spesso neppure una individualità. Come si vede anche nell’appendice in cui riporto documenti, articoli di giornale, sia fascisti che della Resistenza, il destino di questa combattente fa sì che a un certo punto esca dall’anonimato, ma soltanto per entrare nel cliché: e una lettura diversa forse poteva farla solo una donna…».

Presentazione del libro il 10 giugno alle 20.30 nella Bottega Bertaccini di Faenza

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui