Il primario di Pediatria: "Bisogna avere più paura del Covid che del vaccino"

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FORLI'. È prevista per oggi la riunione di Ema in cui si deciderà se autorizzare la vaccinazione nella fascia di età tra i 5 e gli 11 anni. La prossima settimana il vaccino per i bambini potrebbe essere una realtà. E altrettanto reali saranno «le resistenze e le perplessità dei genitori» evidenzia il primario di Pediatria dell’ospedale Morgagni - Pierantoni di Forlì, Enrico Valletta, mettendo in guardia le famiglie: «Bisogna avere più paura del Covid che del vaccino».

Dottore, che risposta si aspetta di avere da parte delle famiglie?

«I dubbi, le perplessità e le paure per i figli sopra i 12 anni riemergeranno tutte, anzi in misura maggiore. Si tratta di dubbi che considero comprensibili, ma sono convinto che alla fine prevarrà il sentimento di fiducia verso la medicina. Il buon senso, come è avvenuto per gli adolescenti».

Indossando i panni dell’avvocato del diavolo, cosa direbbe a una mamma e a un babbo che le chiedono come è stato testato il vaccino, che dati ci sono sulla sua sicurezza?

«Risponderei che la sperimentazione è rapida, che si sta ampliando in fretta. I tempi che hanno portato all’elaborazione del vaccino anti Covid non sono quelli canonici, ma questo è avvenuto grazie all'entità dei finanziamenti e delle forze impiegate. Oggi però abbiamo a disposizione i dati sulla vaccinazione, inequivocabili nel dimostrare l’efficacia e l’importanza della profilassi vaccinale. Per quanto riguarda il vaccino in età pediatrica, si tratta di un prodotto testato su 4mila bambini, e non c’è motivo di pensare che sulla fascia di popolazione dai 5 agli 11 anni abbia effetti diversi da quelli evidenziati per le altre classi di età. Anche perché la dose somministrata è più bassa: ai bambini vengono iniettati 10 microgrammi rispetto ai 30 degli adulti».

Nell’ultimo periodo sui bambini sono state riscontrate forme più gravi di malattia rispetto al passato?

«Il rischio resta basso, anche se alcune varianti, come la Delta e la Delta plus, hanno un’infettività molto più alta, dalle 5 alle 10 volte rispetto alla “alfa”. Non abbiamo visto casi più gravi nei bambini, ma quando uno si ammala non si può sapere se sarà uno di quelli che sviluppa la malattia in forma grave. Da inizio epidemia, a Forlì 4 bambini hanno avuto un’infezione molto pesante. L’aspetto più preoccupante è legato però agli effetti a lungo termine, di cui non si conosce con esattezza la portata, anche se è stato evidenziato che possono manifestarsi sindromi infiammatorie multisistemiche, inizialmente associate alla malattia di Kawasaki. Quindi pericardite, miocardite, trombosi e pleuriti. Ma voglio sottolineare che la scelta di vaccinare i figli non deve essere fatta sulla paura, ma sul buon senso».

La preoccupa il fatto che sacche di no vax possano ostacolare la vaccinazione dei bambini?

«In provincia non ci sono concentrazioni di no vax come in altre realtà della Romagna, tipo Rimini. Però bisogna prendere coscienza del fatto che quei genitori sono irriducibili: si tratta di scelte di principio su cui è molto difficile agire».

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