Il naufragio dell'umanità in Calabria

Il mio nome è Meysam, non faccio il pilota e non corro veloce per la mia strada perché la corsa è finita con il naufragio in Calabria. Una strage di uomini, donne e bambini che hanno pagato, come me, 8mila euro per cercare fortuna. Eravamo ammassati sottocoperta su un vecchio barcone sconquassato dalle onde.  Il Mar Ionio, una perla per i turisti d’estate, è diventato il nostro cimitero liquido  in una notte gelida. Ho letto sui giornali le polemiche sui soccorsi partiti in ritardo, le richieste di aiuto  inascoltate.  Ma  oggi,  cosa importa? Sulla spiaggia sono rimasti il relitto, i cadaveri inzuppati, gli abiti, i pupazzi, le povere cose strappate alle valigie. Ho ascoltato il  vescovo di Cassano allo Ionio, monsignor Francesco Savino,  e mi sono commosso.  «Possiamo dire che dinanzi a queste bare io incontro oggi come credente Gesù crocifisso, Gesù abbandonato, Gesù negato, Gesù profugo non accolto che muore in mare. Oggi Dio muore con questi nostri fratelli».

Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, è stato molto duro:  «La disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettano in pericolo la vita dei propri figli». Ma chi è al sicuro e al caldo vede un orizzonte diverso rispetto al nostro che scappiamo dal Pakistan e dall’Afghanistan. Secondo voi investiamo i risparmi di una vita in un viaggio dalla Turchia all’Italia a cuor leggero? Incredibile quanto scrive il giudice  Michele Ciociola nell’ordinanza di convalida del fermo degli scafisiti: «Ci troviamo di fronte all’atteso e osannato turismo croceristico e l’Italia per alcuni giorni scopre altri esotici viaggi alla volta di Crotone e dintorni...».

 Io  amo comunque il vostro Paese, conosco artisti come Lucio Dalla e le sue canzoni. Di alcune,  “Com’è profondo il mare” e “Ayrton”, ricordo i testi a memoria.

 Il finale della seconda sembra scritto apposta per me:  «Tu  mi hai detto chiudi gli occhi e riposa. E io, adesso, chiudo gli occhi».                     

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