Il Cesena e il coraggio come cura per i rimpianti

Viene in mente la vetrina di uno storico negozio sotto i portici di Cesena, specialista nel prosciugare i genitori dei paninari anni ‘80. Armato di un certo senso dell’umorismo spacciato per marketing, a inizio gennaio il titolare appese il cartello “Qui sconti mai visti”. In effetti era vero: di sconti non se ne vedevano mai. Nemmeno il campionato ha fatto sconti al Cesena, che nei suoi obiettivi ha fatto 0/2 al tiro. In estate la proprietà aveva annunciato di puntare al primo posto e da ieri è ufficiale che siamo a 0/1. Fu un errore comunicativo che un allenatore esperto come Toscano cercò subito di attenuare: “L’obiettivo è puntare al massimo e non avere rimpianti”. E qui siamo a 0/2, perché i rimpianti ci sono e ora il compito del Cesena è arrivare secondo e mettere da parte il tarlo delle occasioni buttate via.

Il girone B e il girone C hanno rispettato il rapporto qualità-prezzo: hanno vinto Reggiana e Catanzaro, due società che da anni investivano pesantemente per salire di categoria. Il girone A invece ha premiato la competenza della Feralpi, a riprova che c’è ancora spazio per gli intenditori. Al resto penseranno i play-off e il loro carico di emozioni indimenticabili. Da Confalone contro la celere a Pisa, al tuffo di Ambrogioni a Lumezzane, fino alla punizione di Salvetti al Torino. E ancora: il finale di Cesena-Matelica, una sceneggiatura che se la legge Quentin Tarantino dice: “No, ragazzi, Cesena-Matelica è roba troppo forte, facciamo la scena del coltellaccio puntato alla gola, almeno il pubblico si impressiona meno”. Ogni play-off lascia qualcosa, nel bene e nel male, compreso Monopoli-Cesena dell’anno scorso: all’andata il povero Pittarello usci piangendo dopo avere tolto un gol in scivolata a Zecca. Probabilmente in quel momento aveva già capito che non sarebbe rimasto, così è andato alla Feralpi e ha vinto il campionato. A conti fatti, per ora è andata meglio a lui.

Ai play-off il Cesena è noto che abbia un carico da mettere sul tavolo ed è il suo stadio. Un fattore campo che non c’entra niente con la C, eccetera eccetera, però al di là delle frasi fatte, bisogna anche saperlo gestire. Come lo si gestisce? Attaccando con coraggio. Alla fine del riscaldamento di Cesena-Pisa (2003), quando Vasari, Bettoni, Myrtaj e compagnia andarono sotto la curva, tremò mezzo quartiere Fiorita, poi però la squadra di Iachini quella partita non la giocò, sgonfiata emotivamente dal calore amico. Stessa scena un anno fa per Cesena-Monopoli, quando Mercadante dal dischetto fece a brandelli una squadra incapace di cavalcare il suo stadio.

Se quelli di Toscano non sanno gestire il motore del pubblico, il rischio è di vedere il lato debole di giocare in casa: avversarie che si esaltano, arbitri modesti che usano la partita come spot personale e così via. Ma se il Cesena sa guidare il camion del Manuzzi, allora sono problemi degli altri. Attaccare è l’unica ricetta contro i rimpianti: 37 partite di stagione regolare hanno chiarito che restando in difesa finirà male e il Manuzzi è uno stadio generoso con chi ha coraggio e tirchio marcio con chi ha paura.

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