Divieti di balneazione del 26 luglio: i bagnini riminesi vanno in procura: "Ora spiegateci cosa è successo"

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Quel divieto di balneazione nel cuore dell’estate ha creato un danno d’immagine difficile da cancellare, ancora oggi i bagnanti chiedono se possono andare in acqua. È il motivo che ha spinto i bagnini riuniti sotto la bandiera dell’Oasi (da Bellaria a Cattolica) a presentare un esposto alla Procura. Non chiedono risarcimenti, vogliono sapere cosa è successo, come sia potuto accadere che Arpae abbia registrato valori batterici oltre i limiti di legge in assenza di pioggia. Vogliono capire se qualcuno ha commesso un errore, quale errore e nel caso che non succeda mai più.

“Bandiera rossa”

Nella parte introduttiva l’esposto riassume i fatti di fine luglio, quando i controlli effettuati da Arpae hanno evidenziato una «concentrazione dei parametri microbiologici superiore ai valori limite» di legge. Per la precisione il 26 luglio sono stati prelevati campioni in 98 punti lungo la costa romagnola, 26 dei quali nella provincia di Rimini. La conseguenza? Divieto temporaneo di balneazione in tutti i tratti di mare in cui era stata rilevata una concentrazione batterica oltre i limiti, in attesa del rientro alla normalità. Inutile ricordarlo, il clamore nazionale (e non solo) toccò vette assolute. L’esposto ricorda anche quanto spiegato dalla Regione per giustificare la proliferazione batterica. «Per la prima volta da decenni, Arpae avrebbe registrato, attraverso dodici stazioni dislocate sul territorio, temperature superiori ai 40 gradi per più giorni, circostanza questa che avrebbe influito sull’innalzamento della temperatura del mare, che ha visto in quel periodo improvvise mareggiate dopo un periodo di calma. A ciò si sarebbe aggiunta la scarsa ventilazione e la siccità, con un apporto idrico dai fiumi al mare estremamente ridotto». Giorgio Mussoni è il presidente nazionale dell’Oasi e spiega che l’obiettivo non è un «risarcimento danni». «Alla Procura - argomenta - chiediamo semplicemente chiarimenti su quanto accaduto, nessuno ce lo ha detto, visto che da tre mesi non pioveva e dai fiumi non arrivava un granello di sabbia. Chiediamo di indagare. Se c’è stato un errore dovrà essere corretto affinché non accada più».

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