Dallo psicologo al drone: l’esercito dei salvataggi 4.0 vale oltre un milione di euro

In principio c’era la bicicletta. Tra il dopoguerra e gli anni del boom è così che i pochi i pionieri del servizio di salvataggio sulla spiaggia di Cervia si muovevano per pattugliare l’arenile. Oggi siamo in un altro mondo, ai tempi del marinaio di salvataggio 4.0, all’interconnessione e all’automazione dei processi di soccorso. E presto, prestissimo, arriverà il drone acquatico.

Benvenuti sui nove chilometri della spiaggia di Cervia – uno dei tratti di costa più ampi della Romagna – dove «il servizio di salvataggio è un investimento piuttosto che soltanto un costo», dice Danilo Piraccini, ex presidente e attuale consigliere della Cooperativa bagnini con delega alla Bolkestein. La macchina del soccorso da Milano Marittima a Tagliata costa qualcosa come un 1,2 milioni all’anno. «Merito dei nostri operatori che ne hanno compreso l’importanza e che sono disposti a spendere più di servizio di salvataggio che di canone demaniale». Piraccini in questi giorni sta leggendo della concorrenza albanese alla Romagna. «E mi viene da sorridere se immagino di confrontare il nostro servizio di salvataggio rispetto a quello dell’Albania», dice.

Novanta marinai assunti dalla cooperativa e pagati anche per fare formazione prima dell’entrata in servizio stagionale. Un piccolo esercito. «Necessario. Durante il fine settimana sulla spiaggia di Cervia arriviamo ad accogliere fino a 100mila persone, di cui almeno 30mila entrano in acqua. Abbiamo un marinaio di salvataggio ogni 150 metri ma non lavora mai in solitaria, bensì all’interno di una squadra strutturata. Inoltre adeguiamo il servizio in funzione delle condizioni particolari che riscontriamo e che possono variare dalla maggiore presenza di bambini, la tipologia di pubblico che frequenta le spiagge libere, le condizioni del mare in prossimità delle zone portuali: se necessario potenziamo la presenza degli addetti al soccorso. Mi piace inoltre sottolineare che Cervia è stata la prima località balneare in Italia a utilizzare i defibrillatori, ora obbligatori su tutta la costa. Avevamo condotto un’indagine sui motivi dei decessi in riva al mare e constatato che il rischio di annegamento effettivo è piuttosto basso mentre gran parte delle morti la si registra per arresto cardiocircolatorio. Il tema non era tanto agire in fretta per trarre in salvo qualcuno da una buca o in prossimità degli scogli perché andato in difficoltà, che pure ovviamente va fatto, ma formare 90 persone per salvare un bagnante in arresto cardiaco, compiendo un’azione qualificata di primo intervento».

Come avete organizzato il servizio?

«I nostri marinai frequentano corsi di formazione molto qualificati e pagati dalla nostra cooperativa. Inoltre partecipano continuamente a briefing e momenti di aggiornamento con gli operatori del 118 e dell’Ausl Romagna per approfondire le tecniche di rianimazione. Ma la formazione va molto oltre: insieme alla Guardia costiera vengono studiate le correnti marine per sapersi meglio orientare e muovere in caso di intervento. Anche Arrigo Sacchi ha tenuto un corso motivazionale. Poi abbiamo gli psicologi».

Che ruolo esercitano gli psicologi sui marinai di salvataggio?

«Strategico, perché ogni bagnino deve essere nelle condizioni psichiche idonee per svolgere le proprie funzioni. Possono esserci eventi traumatici o giornate di stress particolare, tutto va elaborato per superare eventuali difficoltà e ritrovare prontezza e determinazione in caso di bisogno. I nostri marinai interagiscono con gli psicologi sia per intervenire su un fatto individuale che per la formazione necessaria al lavoro di squadra».

Cosa intende per lavoro di squadra?

«Il marinaio di salvataggio non opera mai in solitaria: il soccorso è sempre organizzato prevedendo l’azione di tre uomini o donne con compiti differenti e prestabiliti. Il primo bagnino entra in acqua e recupera la persona in difficoltà, il secondo è addetto all’uso del defibrillatore mentre il terzo è chiamato a lanciare la richiesta di soccorso via radio. Abbiamo riscontrato che chi riporta una persona sulla battigia normalmente è stremato dall’operazione che ha condotto ed è quindi fondamentale che il defibrillatore sia impiegato da una seconda persona. Durante l’inverno formiamo il personale alla voga in condizioni meteomarine sempre differenti perché nonostante il pattino ora vada meno di moda resta uno strumento indispensabile per il soccorso in mare. I nostri pattini vengono costantemente monitorati: se superano un certo peso perché iniziano a imbarcare acqua vengono immediatamente scartati. Un ruolo molto significativo lo giocano poi le radio».

In che senso?

«Ognuno ha in dotazione una radio che costa 600 euro. Se moltiplichiamo per 90 possiamo comprendere che abbiamo in dotazione un patrimonio di oltre 50mila euro solo per le radio a cui vanno aggiunti 50mila euro di centrale operativa e qualche migliaio di euro ulteriori per l’utilizzo del canale concesso dal ministero delle Telecomunicazioni. Tutto questo per gestire le comunicazioni in via riservata – prima, quando si usavano radioline giocattolo, la notizia di un decesso in brevissimo tempo diventava di dominio comune – ma soprattutto per poter migliorare ulteriormente la nostra capacità di intervento attraverso un successivo studio delle comunicazioni via radio: sulla base del lavoro svolto viene attribuito un punteggio che poi si può trasformare in benefit per il marinaio. Inoltre ogni apparecchiatura radio è dotata di un gps che ci consente in tempo reale, con un margine di errore di un metro, di sapere sempre dove sono schierati i nostri marinai. Cerchiamo di non trascurare alcun dettaglio, considerando anche, ad esempio, la posizione del sole».

Che cosa intende?

«Il sole in Romagna sorge in mare e tramonta dietro le colline. Quando i nostri marinai escono in pattugliamento, e restano a diverse decine di metri dalla riva, durante il pomeriggio devono fare i conti con il riverbero del sole negli occhi. Per questo organizziamo corsi di approfondimento con centri ottici proprio per essere in grado di riuscire a scorgere una eventuale persona in difficoltà anche in quel tipo di condizione. Inoltre da quest’anno abbiamo aperto la prima Accademia di Salvataggio per formare e selezionare i giovani che vogliono approcciarsi a questo mestiere».

Che funzioni svolge?

«I ragazzi che hanno appena ottenuto il Brevetto di salvataggio e che vengono giudicati idonei frequentano un corso di un mese che prevede, tra le altre cose, lo studio delle correnti e delle condizioni marine. Quelli che riteniamo abbiano le caratteristiche adeguate vengono assunti immediatamente e impiegati in affiancamento ai marinai effettivi».

Quanti interventi hanno già svolto durante questa estate i marinai di salvataggio di Cervia?

«Occorre fare una distinzione: gli interventi di prevenzione, ovvero l’andare incontro a un bagnante che potrebbe andare in difficoltà o il fare avvicinare alla riva un gruppo di bambini che si è spinto troppo al largo, sono tantissimi. Gli interventi registrati, quelli in cui viene recuperata una persona, si utilizza il defibrillatore o interviene un’ambulanza, molti meno. Quest’anno siamo nell’ordine di 4-5 e abbiamo registrato 2 decessi, in entrambi i casi anziani colti da malore. Purtroppo non sono tutti salvabili. Mi permetta di sottolineare un aspetto di cui questa cooperativa va particolarmente orgogliosa».

Prego.

«Mentre su molte spiagge operano marinai non abilitati all’uso del defibrillatore, da noi capita sovente che gli operatori del 118 lascino terminare l’attività con quello strumento – in dotazione a tutti i 90 marinai per un costo di 2mila euro ad apparecchio – al nostro personale proprio perché formato e qualificato. Inoltre da quest’anno, dopo che la Regione ha ampliato il servizio di soccorso con l’elicottero, abbiamo scelto di tenere corsi con il comandante dell’elisoccorso al fine di potere fare intervenire gli elicotteri direttamente sul mare. Mi spiego: mentre prima l’elicottero doveva atterrare nella zona più vicina lungo la costa, e il paziente veniva inizialmente trasportato in ambulanza, ora grazie alla formazione dei nostri marinai l’elicottero resta sospeso a una settantina di metri di quota e cala il verricello per issare il paziente direttamente a bordo. La tempistica di intervento è molto più rapida».

Quali nuovi mezzi pensate di introdurre per migliorare ulteriormente il salvataggio?

«Facciamo continuamente test per verificare l’utilità o meno di nuovi mezzi o il ricorso a particolari tecnologie. A brevissimo testeremo nelle acque portuali l’impiego di un drone acquatico. In quei punti, a causa di onde e forti correnti, spesso i marinai incontrano grandi difficoltà durante le manovre. Il drone acquatico, della dimensione di circa un metro, potrebbe servire per portare funi e salvagente a persone eventualmente in pericolo. A seguito del test valuteremo se può essere idoneo o meno».

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