Commercio, a Forlì in 6 mesi chiuse 197 attività al dettaglio

FORLI’. Il saldo tra le aziende al dettaglio che cessano l’attività e quelle iscritte segna un preoccupante segno meno. Non una novità, visto che il trend si ripete da anni, ma una conferma che siamo vicini al punto di rottura e che servono iniziative concrete per sostenere le piccole e medie imprese di vicinato, una risorsa per città e quartiere, che rischia di essere perso per sempre. L’analisi è della Confesercenti sui dati sul settore elaborati da Unioncamere Emilia Romagna e Istat. Dati che registrano, per quanto riguarda l’Emilia-Romagna, un saldo negativo di 283 imprese del commercio al dettaglio fra aprile e giugno, con 446 nuove imprese e 729 cessate. Un saldo negativo che arriva a 1.168 imprese se si considerano i primi sei mesi del 2019, che vedono 932 nuove attività e ben 2.100 cessazioni. Andamento confermato a livello provinciale: -28 attività nel secondo trimestre (33 iscritte, contro 61 cessate), -122 nel primo semestre 2019 (75 iscritte e 197 cessate).

I commenti
«Purtroppo quando si fanno i conti con numeri negativi – conferma Fabio Lucchi di Confesercenti Forlì-Cesena – non può essere una consolazione figurare tra le province che perdono meno. Purtroppo è un trend degli ultimi anni. Numeri che sono la testimonianza di quanto sia difficile oggi fare impresa e della necessità che la politica si sforzi di scendere in campo con iniziative a favore della piccola e media impresa». «I dati sul movimento delle imprese nel primo semestre del 2019 e delle vendite nel commercio al dettaglio in Emilia-Romagna – conferma Dario Domenichini, presidente di Confesercenti Emilia-Romagna – denotano una situazione che stenta a volgere in positivo e che vede le imprese del settore alle prese ancora con forti elementi di criticità. È evidente come siano sempre più urgenti interventi e politiche su riduzione degli affitti, formazione professionale degli imprenditori, alleggerimento della pressione fiscale e riduzione del costo del lavoro. Interventi che siano in grado di consolidare le imprese esistenti e abbiano come soggetti privilegiati le piccole imprese che contribuiscono in modo determinante a rendere così attrattivo nel mondo il tessuto sociale e urbano delle nostre città e dei nostri borghi».

In provincia
Necessità confermate anche a livello provinciale. «Servono forme di aiuto fiscali – riprende Lucchi – ma anche sugli affitti: oggi vediamo in città tanti negozi sfitti perchè i proprietari chiedono cifre assurde nel 2019. I negozi di vicinato sono delle risorse per le nostre città: la chiusura di un’attività significa perdita di lavoro per la famiglia del titolare e dei dipendenti, se ci sono. Siamo vicini al punto di non ritorno. Non è pensabile andare avanti così. Servono ad esempio regole certe per tutti. Non è possibile che i negozi combattano con l’orario di apertura e poi abbiamo un e-commerce che funziona 24 ore su 24. È concorrenza sleale».

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