Cesena, sindacati e politici contro lo scandalo del lavoro povero

«Non si facciano sconti alle responsabilità territoriali in materia di lavoro. Parliamo di lavoro malato, non possiamo pensare che sia una cosa nuova, né che sia il prodotto del Governo Meloni. Dobbiamo fare autocritica, altrimenti non saremmo credibili». Con queste parole Marcello Borghetti, neosegretario regionale della Uil Emilia-Romagna, è intervenuto all’interno del dibattito sulle sfide del mercato del lavoro proposto mercoledì sera alla Festa dell’Unità a S.Egidio. Insieme a lui, a fare una fotografia della situazione attuale, sono stati anche il suo omologo della Cisl, Filippo Pieri, e Paride Amanti, membro della segreteria Cgil regionale. Hanno invece dato voce alla politica il consigliere regionale del Pd Stefano Caliandro e l’assessore regionale allo Sviluppo economico e al lavoro, Vincenzo Colla.

Salario minimo, dignità, sostenibilità del lavoro e redistribuzione sono i temi trasversali a cui non si può scegliere di voltare le spalle all’interno di un mercato del lavoro e di un modello produttivo che in Emilia-Romagna sta cambiando rapidamente. «Non dobbiamo subire questa transizione, ma renderla compatibile con il lavoro. Il salario minimo nel concreto significa retribuzione sufficiente», ha affermato Caliandro.

Uno tra i problemi registrati più spesso dai sindacati dopo il periodo pandemico sono le condizioni di lavoro dei 2 milioni di occupati in regione. «Il lavoro povero sta all’interno di questo dato, dove ci sono fragilità che hanno bisogno di rappresentanza e di accordi sindacali di qualità – ha commentato l’assessore Colla – Soprattutto sono vulnerabili i giovani, le donne e i migranti, ai quali non solo serve fare formazione, ma è necessario che venga offerta una rete con le imprese su cui il sistema pubblico ha il compito di investire». Una sfida da cui non si può sfuggire, soprattutto considerando la crisi demografica che sta vivendo il Paese. A questo fattore va aggiunta la fuga verso l’oltre frontiera dei ragazzi e delle ragazze: nel 2021 solo in Emilia-Romagna sono stati almeno 3.500. «Un dato sconfortante e che dimostra che noi l’economia circolare dell’intellettualità non la sappiamo fare», ha concluso l’assessore.

«In Emilia-Romagna con il Patto per il Lavoro e per il Clima ci siamo dati obiettivi comuni – ha ricordato Amanti, della Cgil – ma non ci possiamo nascondere. Ci sono forti disuguaglianze. Almeno il 19% di chi ha un impiego vive un “disagio occupazionale”, che ci fa registrare un aumento delle dimissioni volontarie mai visto. E la scelta del Governo di reintrodurre i voucher e detassare sia gli straordinari che il lavoro notturno vanno in una direzione che non mira a offrire un lavoro dignitoso, ma fa esattamente l’opposto». Per questa ragione sono i sindacati stessi a chiedere un riferimento politico forte. Che sappia unire le forze di centro-sinistra, riportando al centro le battaglie della sinistra sociale. Il lavoro, le politiche industriali e la sostenibilità non possono che essere terreno comune.

Sul salario minimo rimane acceso il dibattito tra i sindacati, ma nessuno si oppone. Per la Cisl è però importante evitare la polarizzazione. «A farlo diventare terreno di scontro si rischia grosso e a pagarne le conseguenze sarebbero i lavoratori», ha sostenuto Filippo Pieri, della Cisl. Anche dalla Uil emergono alcuni dubbi: «Ci sembra un po’ una via di fuga di chi per anni ha maltrattato il lavoro e pensa che in questo modo si risolverebbero i problemi – è stata la critica di Marcello Borghetti – Noi lo difendiamo anche come strumento legislativo, ma sono indispensabili strumenti a tutela della contrattazione, che non legittimino che da 17 euro si passi a 9, soprattutto nelle filiere più soggette alla ricattabilità».

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