Cesena e il popolo del badile: "La Romagna non è una terra, la Romagna è la sua gente" - VIDEO GALLERY

In via Riccione, proprio di fianco al fiume Savio, c’è un uomo sulla cinquantina che osserva la poltiglia di melma che ricopre l’asfalto. Sulla sponda del Savio lì accanto, in posizione sopraelevata, cammina un anziano con la testa china. Non sembra che i due si conoscano. Ma il protagonista più giovane di questo incontro a distanza lo guarda e improvvisamente grida «good morning, Vietnam».

Come in Vietnam

In quelle tre parole c’è tutto il succo di questi giorni: un panorama urbano fangoso che in certi punti ricorda quello che si vedeva in certe scene di guerra nel Paese del sud-est asiatico, ma anche la voglia di non mollare, sforzandosi di fare il pieno di ottimismo, anche con un pizzico di ironia. Perché sorridere alleggerisce un po’ la tristezza e la stanchezza. Quella frase, «good morning, Vietnam», diventò il titolo di un famoso film di fine anni Ottanta, con l’attore Robin Williams a interpretare un disc-jockey dell’aviazione americana a cui fu affidato, nel bel mezzo del conflitto, un programma radiofonico a Saigon. Nella versione di Hollywood, non molto fedele all’originale, il conduttore sa tenere alto il morale della truppe a suon di rock e battute, ma con una crescente consapevolezza dell’orrore di ciò che sta accadendo e della necessità di uscirne. L’uomo che in via Riccione ha preso in prestito quella battuta incarna lo stesso spirito. Uno spirito che si sente in tanti dialoghi fatti da chi in questi giorni sta spalando il fango sulle strade e sgomberando cantine e garage.

«Meglio del compito in classe»

I più amati, che incassano complimenti a non finire, come mai era avvenuto, sono i numerosissimi ragazzi e ragazze che si stanno dando da fare con grande altruismo. Ieri mattina, sempre a due passi dal fiume, una signora ha visto uno di questi adolescenti tutto inzaccherato dalla testa ai piedi e ha commentato affettuosamente: «Bel babin, come sei ridotto». Pronta la sua risposta: «Signora, è peggio il compito in classe di matematica».

Tra badili, camion, pompe idrovore e mucchi di cose infradiciate da buttare che pullulano nella disastrata via ex Tiro a segno, si sentono mille di queste conversazioni, piene di umanità e simpatia, anche se tante facce sono sfinite e i vestiti addosso imbrattati all’inverosimile.

Non manca, di tanto in tanto, qualche bestemmia che incendia l’aria, ma “alla romagnola”, senza cattiveria né maleducazione ma come un intercalare liberatorio.

Tutti diversi, tutti uniti

A colpire è anche l’incredibile varietà di persone impegnate a curare le ferite dell’alluvione. Sono di tutte le età, dai bambini agli ultraottantenni, di tutte le classi sociali e di tutte le professioni. Al Ponte Nuovo spunta, per esempio, Roberto Mercadini, il popolare attore, con in spalla un grosso badile. Ma questa volta non è un oggetto di scena per recitare sul palco. E all’imbocco di via ex Tiro a segno c’è una giovane d’aspetto molto curato, che sembrava appena uscita da un estetista e veste in modo troppo elegante per uno scenario del genere: ma anche lei, nel suo piccolo, si dà da fare trasportando piccoli oggetti tirati fuori da un garage, di peso compatibile con la corporatura molto esile.

Un’altra cosa che non viene meno è la convivialità che passa anche dalla gola: a metà della via, fuori dalla porta di un’abitazione, c’è un asse di legno appoggiato a due sedie, trasformato in tavola imbandita con varie bevande per ristorare chi sta sudando in strada.

Osservare tutto quel fermento trasmette al tempo stesso un senso dell’enormità della tragedia ma anche della grande forza di chi sta reagendo. Ha ragione chi in questi giorni sta postando sui social una frase che ogni giorno diventa più vera: «La Romagna non è una terra, la Romagna è la sua gente».

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