«Mi sento molto fortunata rispetto ad altri, ma nonostante questo io e mio figlio siamo dovuti sfollare». A dirlo è Stefania Zanetti che, a distanza di tre mesi, ripercorre i giorni drammatici dell’esondazione del fiume Montone che ha messo in ginocchio il quartiere Romiti e che ha deciso di offrire supporto alle persone che come lei sono state colpite dall’alluvione. «Io abito in via Martiri delle Foibe, in un condominio e al sesto piano – racconta -. Il 16 maggio scorso è stata diramata l’allerta, l’evento però è stato di una portata eccezionale. Io stessa ero preoccupata, tanto che ho deciso di portare altrove la macchina. La situazione sin da subito è apparsa grave, nel giro di poco tempo l’acqua è cominciata a salire e siamo rimasti isolati. Tanto è vero il giorno seguente io e mio figlio abbiamo deciso di lasciare casa e chiamare i soccorsi, ci hanno portato al Palafiera. Dopo aver trovato un’altra sistemazione, grazie all’aiuto di amici, siamo potuti rientrare a casa solamente dieci giorni dopo». Nel frattempo tutto il quartiere si è mobilitato, così come la moltitudine di volontari che in quei giorni armati di pale hanno provato ad aiutare per liberare le case dall’acqua e dal fango. «Qui c’è tutto un quartiere, o meglio quasi una regione, che sta subendo e vivendo la lunga scia di devastazione che ci ha colpiti – prosegue Zanetti -. Nel quartiere c’è stata e c’è tuttora collaborazione, ora però ci si attendono delle risposte. Anche i volontari ci hanno dato una mano, ma parliamo di volontari. Chi si è trovato ad affrontare una cosa simile, considerando anche l’aspetto traumatico e psicologico, chiede di essere aiutato dalle istituzioni. Siamo in attesa che la situazione si sblocchi a livello politico». Grazie alla sua lungimiranza, i danni subiti da Stefania si limitano, per così dire, al garage e alle parti comuni del condominio di via Martiri delle Foibe, in cui tuttora l’ascensore non funziona. «Io comunque dovrò affrontare una spesa di 11mila euro per ripristinare i danni causati dall’alluvione all’interno dello stabile in cui vivo – prosegue la donna -. Nel condominio ci sono 48 appartamenti e i contributi previsti di 5mila euro, per tutto l’edificio, sono una goccia nel mare. Se guardo vicino a me ci sono persone che hanno perso tutto, io sono fortunata perché una casa ce l’ho ma non siamo aiutati». Nella vita Stefania è consulente familiare socio aggregato Aiceef, con il centro di ascolto diocesano Tabor il pomeriggio offre supporto alle persone che come lei sono state colpite dall’alluvione. «Se non ci fosse stata collaborazione tra di noi o fosse mancato quel movimento di attenzione e supporto pervenuto da tanti, avremmo fatto sicuramente tanta fatica in più – conclude Zanetti -. In questo momento, infatti, è importante anche non sottovalutare l’aspetto psicologico ed emotivo delle persone che hanno vissuto un trauma simile, hanno bisogno di un supporto per affrontare le loro fragilità se vogliono ricostruire quanto hanno perduto».

Forlì e le ferite dell’alluvione: “Sono stata fortunata, ora aiuto gli altri a superare il trauma”
